Secondo me, questo romanzo è stato molto sopravvalutato. Il traduttore, Italo Alighiero Chiusano, studioso abbastanza noto per i suoi articoli su Repubblica, nell’introduzione al libro scrive che esso suscitò, al momento della pubblicazione, nel 1971, “un coro di lodi” sia fra i critici che fra i lettori. Chiusano, dopo aver accennato in pochissime righe a qualche giudizio negativo di critici tedeschi, senza darne alcuna spiegazione, passa subito a elencare, in tre buone pagine, i pareri entusiastici dei letterati italiani. Ma questi letterati pieni di ammirazione esprimono giudizi e apprezzamenti per lo più generici: “denuncia del nazismo”, “nuova stagione dello scrittore”, “rigorosa coerenza stilistica e architettonica”, ecc. Questi critici avevano delle rubriche fisse su quotidiani e settimanali, dove non potevano permettersi stroncature e giudizi pienamente sinceri. Per esempio, Alberto Bevilacqua, sul rotocalco “Oggi”, per dire che Böll è noioso e abbonda nella descrizione di dettagli insulsi, scrive che lo scrittore è “monumentale” e che “s’impaluda, a volte, in un descrittivismo che esaspera i propri labirinti e in cui si avverte un bisogno di riduzione, di snellezza; ma l’autore ha polmoni potenti e abbraccia il proprio orizzonte storico dalla sua statura non comune”. Io direi, piuttosto, che i polmoni potenti sono necessari al lettore di buona volontà che voglia terminare la lettura del libro. Anche gli altri critici che recensiscono con entusiasmo il romanzo di Böll non riescono a nascondere la loro delusione e la loro stanchezza di lettori affaticati e si tradiscono con qualche paroletta o anche con un solo aggettivo. Cito solo Luigi Baldacci, che definisce l’autore di “Foto di gruppo” “scrittore d’inconsueta statura” e scrive: “Una volta finito di leggere questo lunghissimo romanzo…”. Ma il romanzo non è affatto lunghissimo (appena 350 paginette), e ‘inconsueto’ è qui un aggettivo dal significato troppo incerto per essere una lode sincera. Questa era purtroppo, cinquant'anni fa, la nostra critica letteraria! (Oggi è anche peggio).
Quanto al romanzo, io non riesco
a trovare nelle sue pagine questa grande denuncia del nazismo. Proprio non vedo, in questo racconto di storie minime, la specificità tedesca del
nazismo. Il nazismo, la guerra e i
bombardamenti fanno solo da sfondo a vicende umane che avrebbero potuto
svolgersi, più o meno uguali, in qualsiasi altro paese in guerra.
Azzardo questo giudizio: “Foto
di gruppo” è piuttosto un romanzo d’amore sensuale che non un affresco moral-politico-sociale, come crede la generalità dei lettori. E se Böll, pensando forse di trovare un distacco ironico dalla sua materia (forse per imitare lo stile ineguagliabile del 'Buon soldato Sc'vèik'), non
avesse costretto tutto il racconto in una soffocante cornice stilistica che è, di volta in volta, quella di un verbale di polizia, di una indagine giudiziaria, di una
cartella clinica o di una intervista giornalistica, “Foto di gruppo” sarebbe probabilmente un bellissimo romanzo erotico, perché la vena più
sincera e viva dell’autore è, almeno qui, una delicata sensualità. Invece, dove Böll vuole essere scrittore politico e
morale (per esempio, nel lungo incontro del narratore con i due fratelli Kurt e Werner
Hoyser, capitalisti emergenti), il discorso è forzato, freddo e didascalico.
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