Questo libretto racconta in brevi capitoli la vita di
singoli personaggi molto comuni, però autentici e identificati con i loro
propri nomi, dell'epoca medievale, dal IX al XVI secolo: il contadino, la
monaca, il fabbricante di tessuti, ecc. Eileen Power fu una storica sensibile e,
direi, antiaccademica, spinta a interessarsi con vero calore umano di tutti
gli aspetti della vita: dagli oggetti di uso domestico alle attività commerciali,
dalle forme della preghiera nei conventi ai viaggi dei grandi esploratori,
dalla poesia all’architettura delle chiese. La Power si tiene lontana dalla
storia accademica e tradizionale che racconta e descrive soprattutto guerre, protagonisti più o meno eroici e istituzioni politiche. Parlare della gente
comune, scrive l'autrice, sembra contrario alla dignità della storia; e cita una frase di
Thomas Carlyle: “Ciò che m’importa conoscere, non sono gli annuari araldici, i
calendari di corte o i registri del parlamento, ma la vita dell’uomo in
Inghilterra: ciò che gli uomini fecero, pensarono, soffrirono, goderono”. La
Power cerca pertanto di approfondire la conoscenza dell'oscura vita degli uomini qualunque,
sulla cui fatica ignorata si basavano la prosperità della società e le sue
istituzioni, e studia persino i loro testamenti per ricostruire anche dalle disposizioni testamentarie i loro legami affettivi e sociali.
Benché io sia incompetente, penso che l’esigenza posta
dall’autrice, con questo libro pubblicato cento anni fa, sia stata largamente
soddisfatta dagli storici che hanno lavorato dopo di lei. Però lei si interessa
dei suoi “uomini comuni” (l’unica eccezione è il viaggiatore Marco Polo) con una
simpatia e una curiosità così vive che rendono il libro fresco e attraente,
chiaro e arguto. Infine, cosa che fa piacere e commuove, la
Power è innamorata con animo d’artista del passato, della bella Francia, delle belle chiese inglesi, delle antiche case, delle antiche tombe, delle belle tradizioni.
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