Aleksej Ivanovič Vel’čaninov è un bell’uomo di quasi quarant’anni, alto e
robusto, quasi colto e di indubbie doti intellettuali. E’ stato in passato un
brillante conversatore, ammirato dalle donne, con occhi chiari, allegri e
spensierati, che esprimevano limpidezza e bontà. Ora, invece, è un uomo in
crisi, malato di ipocondria, e nei suoi occhi appaiono solo il cinismo
dell’uomo non del tutto morale e ormai stanco, l’astuzia e l’ironia di una
persona triste e sofferente.
Dostoevskij non si limita a darci questa interessante descrizione del suo personaggio, ma ci fa vedere la sua crisi in atto. Da un po’
di tempo Vel’čaninov è
sopraffatto dai ricordi di episodi lontani della sua vita passata, che si
presentano ora alla sua mente come fatti delittuosi, carichi di rimprovero:
insuccessi mondani, umiliazioni ricevute, debiti non pagati, il suo patrimonio
scialacquato nel modo più stupido, certe offese recate ad altri… Gli torna in
mente la figura completamente dimenticata di un funzionario, un bravo
vecchietto, che egli aveva offeso molto tempo addietro e che, non riuscendo a
rispondere all'offesa, era scoppiato in singhiozzi davanti a tutti. Ripensando adesso a
quel poveraccio che singhiozzava e si copriva il viso con le mani, come un
bambino, improvvisamente pare a Vel’čaninov
di non averlo mai dimenticato. Allora quel pianto e quel coprirsi il viso con
le mani gli erano parsi una cosa molto buffa, ora invece prova una grande pena.
E Vel’čaninov pensa: “Qualcuno lassù mi manda questi
maledetti ricordi come ‘lacrime di pentimento’ ”.
Ho riassunto con una certa ampiezza le prime pagine
del romanzo perché mi sembrano le migliori e le più umane. Ma ora comincia il racconto vero e proprio, che in sé è molto breve e lineare.
Vel’čaninov passa l’estate a Pietroburgo. “Polvere, afa, le notti bianche pietroburghesi, che irritano i nervi, ecco quello che lo deliziava in città”. Egli non vuole andare da nessun’altra parte; pensa che Pietroburgo, con tutta la sua folla di gentucola egoista e meschina, sia proprio il paradiso per un ipocondriaco. Passeggiando per le strade della città, egli fa ripetuti incontri con un signore che porta un segno di lutto sul cappello e sembra fissarlo con insistenza. Vel’čaninov ne è turbato. Quando si presenta una insolita occasione di parlarsi, Vel’čaninov lo riconosce: è Pavel Pavelič Trusozkij. Nove anni prima, Vel’čaninov aveva abitato nella sua cittadina di provincia, aveva frequentato la sua casa ed era stato l’amante della moglie, Natalia Vasil’evna, morta da alcuni mesi. Il marito vedovo ora sa tutto, anche se non lo ammette subito; dice di essere venuto a Pietroburgo, portando con sé la figlia Lisa di otto anni, per chiedere una promozione, ma probabilmente per cercare proprio lui, Vel’čaninov. Gli incontri fra i due uomini si ripetono frequenti, si crea fra loro un rapporto torbido fatto di pena, di disprezzo e di ostilità. La bambina è in realtà figlia di Vel’čaninov. Quando questi se ne accorge, sente che la sua esistenza può cambiare, che Lisa diventerà lo scopo della sua vita. “Per che cosa son vissuto finora? Disordine e malinconia… ma adesso tutto è diverso, tutto è cambiato!”. Ma la bambina si ammala improvvisamente e muore. Vel’čanikov è annichilito. “Con l’affetto di Lisa si sarebbe purificata e riscattata tutta la mia vita precedente, fetida e inutile… avrei circondato di cure un essere puro e bello”. Gli incontri fra Vel’čaninov e Trusozkij vanno avanti per alcune settimane e, dopo che il vedovo tenta, con un atto inconsulto e inspiegabile, di uccidere l’amico-rivale, il loro torbido legame si scioglie e Trusozkij lascia Pietroburgo. Un episodio di rilievo in questa storia è il tentativo di Trusozkij di sposare una ragazza quindicenne, sesta figlia di otto ragazze. Trusozkij, benestante, ha il consenso del padre, modesto funzionario che non riesce a dare una dote a tutte le figlie, ma è odiato dalla ragazza. Perciò Trusozkij rinuncia. La conclusione del romanzo vede, due anni dopo, un nuovo incontro fra Vel’čaninov e Trusozkij. Questi si è risposato con una bella donna di provincia, che veste con cattivo gusto e che ha già un amante ed è sempre disponibile per altri. Ciò è inevitabile, perché Trusozkij appartiene a quella categoria di uomini la cui essenza consiste nell’essere “eterni mariti”, o, per meglio dire, nell’essere nella vita soltanto mariti e nient’altro. Un individuo come Trusozkij vive unicamente per ammogliarsi con donne come quelle che ha sposato e, una volta ammogliato, per trasformarsi in una appendice della moglie. “Egli non può non essere cornuto, così come il sole non può non risplendere”.
La prima moglie, Natalia Vasil’evna, era
una donna di ventotto anni dal fascino opprimente e Vel’čaninov si vergogna ora di aver potuto provare per lei una passione così sciocca.
Eppure sembrava che Natalia Vasil'evna non avesse niente di ciò che occorre per attrarre e
soggiogare. Non solo era tutt’altro che bella, ma forse era persino brutta, ma aveva un carattere deciso e prepotente. Le continue e innumerevoli infedeltà
coniugali non le pesavano affatto sulla coscienza.
‘L’eterno marito’ è un breve romanzo che si legge d’un fiato: è incalzante e compatto. Dei difetti che spesso rendono Dostoevskij noioso e irritante, qui c’è solo qualche scoppio di risa improvviso e inopportuno (nell’Idiota c’era un’orgia di risate isteriche), e ci sono forse un paio di paginette di analisi un po’ troppo cerebrale. Ma il racconto corre veloce, gli episodi sono concretamente vissuti e non narrati attraverso la conversazione dei personaggi, i caratteri sono descritti con sicurezza e grande esperienza della vita, i dialoghi sono vivi e credibili, e la descrizione di alcune situazioni sociali (per es. la visita, in casa Zachlebinin, alla ragazzina quindicenne che ‘l’eterno marito’ vorrebbe sposare) è umoristica e divertente, anche se piena di tensione crudele. Dostoevskij ha una visione della vita inquieta, morbosa e infelice, e l'unica isoletta di spensieratezza nel romanzo è la famiglia dove Vel’čaninov porta la bambina, Lisa, per sottrarla ai maltrattamenti del falso padre. Questa famiglia, anch'essa con otto figli, tutti allegri e affettuosi, possiede in campagna una ricchissima villa di proprietà. La mamma, Klavdija Petrovna Pogol'zeva, trentasettenne, è per Vel’čaninov come una sorella, come una mamma. Suo marito, di cinquantacinque anni, consigliere segreto, è intelligente e astuto, ma è soprattutto un brav'uomo. Questa isoletta felice appare solo per un attimo e subito scompare nell'irrealtà: Vel’čaninov, nonostante vi sia amato, non ha alcuna voglia di soggiornarvi.
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