mercoledì 4 gennaio 2023

Hans Sedlmayr (1896-1984). La rivoluzione dell'arte moderna. Garzanti, 1960. Seconda parte


 

Questa esperienza soggettiva del pittore e la sua espressione figurativa sarebbero valide solo per chi provasse un’esperienza identica. Per i molti altri che invece non la provano, il quadro diventa un enigma di cui essi non possono trovare la chiave in se stessi e nel mondo. Ad essi il pittore deve spiegare, come ha scritto Hegel, “che egli non ha più nulla da dire a un osservatore che non senta e non intenda entro di sé allo stesso modo di lui; in altre parole egli calpesta le radici dell’umanità, perché infatti è nella natura degli uomini tendere all’accordo con altri”. Questo appello del pittore alla propria soggettività, spacciata come superiore oggettività, è senza dubbio arrogante e comune a tanti autori di quadri astratti. Non può quindi stupire che ‘un’arte’ così estremamente soggettiva e settariamente iniziatica sia difficilmente smerciabile e che, come per le merci inutili, debba essere imposta al pubblico mediante la propaganda, per lo più sotto la minaccia di bollare di ignorante e reazionario chiunque sia di parere diverso. L’arte astratta senza significato rappresenta il punto estremo di una pittura purificata da qualunque intrusione di elementi estranei, rappresenta una pittura perfettamente ‘autonoma’. Allora il quadro astratto si trasforma in un enigma che ha un significato qualunque, perché è lasciato all’arbitrio dell’osservatore il compito di integrare il quadro con un significato che gli sembri calzante. La rinuncia al significato rende i fenomeni oscillanti, instabili, soggettivi. La pittura astratta senza significato è un caso particolare di quella generale propensione moderna per l’instabile, che incontriamo in molti altri campi, specialmente nell’architettura e nella musica atonale. Anche nella scultura astratta si afferma un ideale di purezza con la rinuncia a rappresentare corpi umani ed animali. La forma coerente della scultura ‘pura’ è un puro gioco di volumi compresi nello spazio entro superfici chiuse. La figura primitiva e simbolica di questo ideale plastico potrebbe essere considerata quella di un ‘blocco’ o anche dell’uovo. Simili forme plastiche non devono essere necessariamente eseguite dall’uomo, ma possono anche essere trovate in natura già bell’e fatte ed essere equiparate ad opere d’arte. Questa confusione fra fatto artistico (che è sempre frutto di un’attività creativa) e un bell’oggetto è già avvenuta, quando, accanto a sculture eseguite dall’uomo, sono stati esposti, in alcune mostre, oggetti presi dalla natura, per esempio un bel sasso tondeggiante. Il vero analogo della pittura ‘assoluta’ è la musica dodecafonica. L’una e l’altra nascono nella stessa epoca. Alla tipica labilità della pittura moderna e alla mancanza di base (o di fondamento) della moderna architettura e scultura corrisponde, nella musica, la rinuncia ad una base tonale. E in entrambi i casi l’aspirazione all’assolutezza significa anche questo: l’esigenza di un’arte che sia ‘distaccata’ dalla totalità dell’uomo, un’arte che, come la poesia pura che vuole sussistere sciolta da qualunque contenuto umano, sia staccata dalla realtà dell’uomo. Il grosso errore di Mallarmé, il più grande rappresentante della poesia pura, è il credere che l’essenza della poesia si possa isolare e rappresentare allo stato puro, mettendo insieme, senza un più profondo intreccio di significati, combinazioni di parole di insuperabile intensità poetica. Ma questa strada porta la poesia ‘sull’orlo dell’abisso, al limite del nulla’. La poesia pura esiste solo come programma: non esiste nella realtà. Non si fa più arte, se non si vuol fare altro che arte. Le vere poesie di Mallarmé non sono nate dal principio teorico della poesia pura, ma contro questo principio; come è accaduto, del resto, anche per le poche vere opere d’arte della pittura assoluta. Da queste considerazioni consegue l’estrema vacuità di tutta l’arte ‘assoluta’ e soprattutto della pittura ‘assoluta’, anche se anch’essa, nella zona di confine fra la vecchia arte creativa e le costruzioni pure, ha prodotto opere notevoli. L’arte autonoma, che prescinde da tutto ciò che non è arte, è soltanto estetismo, culto del bello artistico in sé, non di una bellezza che sia splendore del vero e del buono, ma di una bellezza completamente staccata dalla realtà dell’uomo. Esteta, secondo questo concetto, è l’uomo per il quale l’arte, intesa come pura forma, è divenuta un valore superiore ad ogni altro, supremo ed autosufficiente. In un’arte rivolta al puro elemento estetico, il sentimento del gusto, sempre più abituato e sazio dei vecchi stimoli, non potrà fare a meno di desiderarne di sempre più violenti e marcati. Passerà ben presto al piccante e al sorprendente. Questi sono i pròdromi della prossima morte. La fine è il ‘sensazionale’, sia esso avventuroso, disgustoso od orribile. Sono parole di Friedrich Schlegel, ma si adattano alla società di oggi, alla letteratura, al cinema, alla pubblicità. L’arte estetizzante, staccata dalla realtà dell’uomo, finisce nel disgustoso e nell’orrido, come una erotica la quale sia rivolta all’erotismo ‘puro’ termina alla fine col marchese de Sade. Che cosa sarebbe una moderna esposizione d’arte, senza il sorprendente e il sensazionale? Le parole di Schlegel spiegano anche la triste ricerca di novità, di cui l’arte moderna è avida.

(continua al post successivo)

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