martedì 4 ottobre 2022

Ivan Turgenev (1818 - 1883). Un nido di nobili


 

Ho letto questo libro in una edizione del 1927 (Milano, Madella & C.), che ha un titolo leggermente diverso (Una nidiata di gentiluomini. Costumi della vita di provincia in Russia). Nonostante la traduzione scadente (l'autore della quale non è indicato) e la pessima stampa, è un romanzo avvincente che si legge tutto d'un fiato. E' una storia solida e compatta che mette in scena personaggi classici della letteratura russa dell'Ottocento: una vedova benestante piuttosto fatua, un'anziana zitella arcigna ma di grande animo, un elegante zerbinotto ambizioso e disinvolto, una bellissima donna fatale, una fanciulla pura e modesta, un anziano e goffo insegnante tedesco misero e incompreso, un proprietario di trentacinque anni, tradito dalla moglie (la donna fatale) e innamorato della ragazza pura e spirituale, uomo serio, profondo e infelice perché il suo amore, benché ricambiato, non può concludersi con il matrimonio. Nello sfondo ci sono vecchi e devoti servitori, una governante, un prete, un cane, e il magnifico paesaggio della campagna in estate. Non so dire se fu a questa svolta del secolo (il romanzo uscì nel 1859) che personaggi di questo genere diventarono classici, modelli che resistettero, perdendo progressivamente l'importanza che avevano nella vita reale, fino ai primi decenni del Novecento, oppure se già esistevano nelle opere, per esempio, di Gogol. Immagino che esistessero già (ma la mia lettura di Gogol risale a troppi anni fa). Comunque sia, questi personaggi, pur essendo comuni e ricorrenti nella narrativa dell'Ottocento, non sono qui affatto stilizzati, ma hanno la pienezza di vita e l'originalità che provengono direttamente dal mondo reale osservato dallo sguardo acuto e amoroso di Turgenev. Maria Dimitrievna Kalitine, la vedova benestante, "era più sensibile che buona, ed aveva conservato, nell'età matura, i difetti di una collegiale". La figlia Lisa, di diciannove anni, ricca di un profondo sentimento religioso, era "attenta a non offendere nessuno, era di cuore buono e virtuoso, e amava tutti senza dare una marcata preferenza a nessuno". Appena conosce Lavretzky, il proprietario trentacinquenne, "ne fa il suo confidente, ed a lui apre tutti i segreti dell'anima sua", perché sente la sua pena e la sua sincerità e perché ambedue amano le stesse cose. Turgenev aggiunge questa bella osservazione: "Dio non l'aveva dotata di grandi facoltà né di uno spirito brillante; ella imparava con fatica... Leggeva poco, aveva poca originalità nell'espressione, ma i suoi pensieri erano originali, erano suoi, ed ella seguiva la via che si era tracciata". Di Panchine, l'elegante e ambizioso zerbinotto che scimmiotta le usanze inglesi e disprezza le tradizioni russe, basti dire che parlava con enfasi e riconduceva ogni discorso su se stesso. Lavretzky, il buon Lavretzky, cerca di dissuadere Lisa dall'amare Panchine, perché "egli è senza cuore". Quando, più tardi, Panchine le fa la sua proposta di matrimonio, Lavretzky dice a Lisa: "Ascoltate il vostro cuore: quello solo vi dirà la verità. L'esperienza e la ragione sono vane parole: non vi private di ciò che vi è di più bello, della sola felicità sulla terra". Una scena affettuosamente umoristica è questa. Una sera nella bella casa di Maria Dimitrievna Kalitine si tiene una cerimonia religiosa celebrata dal prete. Dopo la funzione, la padrona di casa lo invita a prendere il tè. "Il prete svestì i suoi ornamenti sacerdotali e prese un'aria mondana... Bevve quattro tazze di tè. Ad ogni istante si asciugava la fronte calva col fazzoletto; raccontò che il mercante Avachnikoff aveva donato settecento rubli per dorare la cupola della chiesa, e insegnò alla compagnia una ricetta infallibile contro le macchie rosse della pelle". Come sa di vecchia buona Russia questa scena di vita provinciale! Varvara Paolovna, la donna fatale, già creduta morta, riappare improvvisamente e si presenta in visita a Maria Dimitrievna Kalitine. Costei non la conosce, ma essendo lontana parente del marito, Lavretzky, da donna fatua qual è, vuole riconciliare i due coniugi. Varvara Paolovna è una abilissima donna di mondo e sa come piacere alle persone mediocri. Il dialogo fra le due donne è una scena da commedia di grande umorismo e verità psicologica. "Le ciarle e le cortesie scorrevano come acqua corrente". Invece quando la donna fatale è presentata a Lisa, l'effetto è tutto diverso. "L'espressione del viso di Varvara Paolovna, il suo falso sorriso, il suo sguardo freddo e languido, i movimenti delle sue mani, delle sue spalle, il suo stesso abito e tutto il suo essere risvegliarono in Lisa un sentimento di repulsione". Durante la conversazione fra le due donne, arriva in visita anche Panchine, e subito la donna fatale mette in azione le sue virtù magnetiche: i sorrisi paiono increspare le sue delicate narici e i suoi occhi di velluto sono più languidi che mai. Poi, invitando Panchine al piano per cantare una romanza alla luna scritta da lui, dice a bassa voce: "Venite!". "Questa sola parola, caduta dalle sue labbra: 'Venite!' cambiò in un momento, come per magia, tutto il modo di agire di Panchine. La sua aria preoccupata disparve; sorrise, si animò, si sbottonò il frak". Grande arte di Turgenev! Passano otto anni dagli avvenimenti narrati; molti personaggi del romanzo sono morti, Lisa è in un monastero, Lavretzky vive da solo immerso nei suoi ricordi, pieno di rimpianti ma senza rimorsi. "La città era cambiata poco in questi otto anni; ma la casa di Maria Dimitrievna pareva ringiovanita; i muri imbiancati le davano un aspetto ridente e i vetri delle finestre si coloravano e scintillavano di raggi del sole morente: dalle finestre fuggivano delle risate di allegre voci giovanili; tutta la casa pareva traboccante di gaiezza". Un mondo è finito, ma comincia un altro mondo con personaggi nuovi.

 

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