Gli articoli di Marcello Veneziani sono quasi sempre brillanti e acuti, ma l’articolo di oggi, venerdì 5 agosto, (“Lettera aperta a un elettore che si asterrà perché tradito”) mi sembra particolarmente fiacco. I compromessi, dice Veneziani, sono necessari. Anch'io ne sono convinto, ma accettare tutte le ragioni degli Stati Uniti, della Nato e dell’Unione Europea, non è un compromesso, bensì una resa incondizionata. La Meloni, poi, aggiunge a questa resa, che Veneziani giudica inevitabile se vuole avere via libera al governo, un entusiasmo bellicoso che fa dubitare che abbia consapevolezza della situazione. Veneziani dice che bisogna decidere cosa si vuole dalla politica: testimonianza o governo; se si vuole un'azione di testimonianza, bisogna allora, secondo lui, rinunciare al governo; e fa l’esempio del Movimento sociale, che per 50 anni ha fatto opposizione come pura testimonianza. Sì, ma che cosa testimoniava il Movimento sociale? Solo una rigida e, direi, cieca fedeltà al passato. E' per questo che non ha potuto allargare i propri consensi. Gli intellettuali di destra degli anni Cinquanta avevano soltanto presentimenti della atroce società che si veniva formando. Oggi questo processo di disintegrazione generale ha raggiunto il punto più alto e i problemi che ne derivano toccano un grandissimo numero di persone. Per questo semplice ma gravissimo motivo la testimonianza culturale e politica di coloro che vi si oppongono può avere un valore educativo e di proselitismo ben maggiore che per il passato. Non basta dire: vogliamo governare. Governare per governare non è nell'interesse dei cittadini. Bisogna spiegare che cosa si vuol fare. Se già si dà per scontato che i nuovi (eventuali) governanti dovranno arrendersi ai poteri forti (palesi e occulti), come già hanno fatto i vecchi politici, votare per i nuovi non significa scegliere il male minore ma continuare a tradire la verità. Vedere facce nuove al posto delle insopportabili vecchie facce sarebbe una molto magra ed effimera consolazione. Ho parlato di tradimento della verità, perché penso che non si debba separare la vita morale dalla politica. Se la vita morale viene coltivata solo nel proprio “foro interiore”, come suggerisce Veneziani, si lascia la politica alle nullità inconsistenti, agli ambiziosi avventurieri e ai delinquenti.
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