Il giovane Alecsàndr Fiòdoric', dopo aver terminato gli studi, lascia la famiglia e il villaggio natale per andare nella lontana Pietroburgo. Vuole iniziare una vita nuova e mettere alla prova le capacità e la forza creativa che sente di possedere. A Pietroburgo va a trovare lo zio, Piòtr Ivànovic', un uomo poco meno che quarantenne già affermato nel mondo degli affari e della pubblica amministrazione. Mentre Alecsàndr è un giovane idealista pieno di entusiasmo e di ambizioni poetiche, lo zio, senza essere cattivo né grettamente egoista, è un uomo pratico e razionale che disprezza il sentimentalismo e l'idealismo, odia il parlare, come dice lui, "da seminarista" e predica come massima virtù la capacità di adattarsi alla realtà. Buona parte del romanzo è occupata dalle serrate discussioni fra zio e nipote su quali siano gli atteggiamenti morali che possono meglio guidarci verso una vita tranquilla (per lo zio) oppure felice (per il nipote). I lunghi dialoghi, animati da un certo spirito didascalico dello zio, non sono affatto noiosi; scorrono anzi in modo fluido e naturale, dando avvìo (il libro è del 1847) alla tradizionale capacità dei narratori russi di creare dialoghi freschi e spontanei. Non ho potuto, però, sottrarmi all'impressione di trovarmi al centro di un romanzo filosofico in cui due dialoganti discutono astrattamente di tesi antitetiche. Il racconto, per la verità, contiene anche situazioni e personaggi descritti con acutezza e spesso con umorismo sottile e pieno di verità, tuttavia esso vive soprattutto della contrapposizione ideale e psicologica fra lo zio e il nipote. Il modo in cui si sviluppa e si conclude questa contrapposizione conferma il carattere un po' arido e schematico della storia. Alecsàndr, dopo il fallimento di alcune relazioni amorose, inizialmente vissute con il suo solito fervore, e dopo il crollo delle sue ambizioni letterarie, non trova di meglio da fare che diventare come lo zio, freddo, razionale, realista e calcolatore. Direi, in conclusione, che questo romanzo, che ha certamente molte qualità, ha prodotto alla fine dei conti un risultato debole, perché manca in esso il contrasto vero dei caratteri, che è, penso, il solo modo di rappresentare la verità profonda della vita umana.
mercoledì 1 giugno 2022
Ivan Gonciaròv (1812-1891). Una storia comune. Milano, Biblioteca universale Rizzoli, 1961.
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