Maria Alessandrovna è una donna benestante ambiziosa, pettegola e autoritaria. E' così autoritaria, che al marito, che si vuole arricciare i capelli, grida: "Come osi, senza il mio permesso?". La trama del romanzo è riassunta in poche righe dallo stesso autore, all'inizio del settimo capitolo. "Maria Alessandrovna era trascinata dal suo genio. Aveva concepito un disegno grandioso e audace. Dare la figlia Zina in moglie a un riccone, a un principe e a un impotente, darla di nascosto da tutti, approfittando della debolezza mentale del proprio ospite [il principe, per l'appunto] e del fatto che egli era senza difesa; darla in modo ladresco, come avrebbero detto i nemici di Maria Alessandrovna, era non solo audace, ma addirittura temerario". Il principe è un vecchietto rimbambito con un cuore di gallina, una specie di cadavere sulle molle. Tutti i mezzi dell'arte sono stati impiegati per camuffare da giovanotto quella mummia. Veste come un damerino e passa ore davanti allo specchio. Porta la parrucca, ha baffi e fedine posticce, denti finti e un monocolo su un occhio di vetro. Zoppica un poco, ma zoppica abilmente, come se anche questo fosse necessario per essere alla moda. Nelle sue maniere c'è qualcosa di trascurato, atteggiamento imparato durante tutta la sua vita di damerino. Il vecchietto, se anche non è ancora uscito di senno, ha però da molto tempo perduto la memoria ed ogni momento si confonde, si ripete e quasi vaneggia. Maria Alessandrovna, madre di Zina, ordisce con grande abilità l'intrigo, che alla fine, però, viene smascherato alla presenza delle signore perbene della città, prima invidiose e infine contentissime del fallimento del piano e beffarde nei confronti di chi l'aveva architettato. I dialoghi scorrono con incantevole naturalezza e sono molto divertenti. E' un Dostoevskij, questo, per me nuovo e sorprendente. I personaggi sono caricaturali; l'unico personaggio serio e nobile è Zina, fieramente orgogliosa, alta, bruna, bella e con una voce che commuove. Dopo aver accettato l'intrigo della madre (non per interesse personale, ma per la speranza di poter aiutare, come moglie del principe, un amico malato e senza mezzi), si ribella apertamente contro la viltà delle manovre materne. Il romanzo è una commedia quasi perfetta. Però le poche pagine che, verso la fine, descrivono la visita di Zina al suo ex innamorato morente sono penose e rompono il tono grottesco che fino a quel punto del racconto era stato mantenuto con leggerezza. Non so se Dostoevskij abbia tenuto presente la commedia di Gogol 'Il matrimonio", del 1842. Le due opere hanno intrecci e personaggi non molto diversi, sono incentrate sulla stessa situazione (combinare un matrimonio che non si farà) e hanno lo stesso spirito surreale e beffardo.
mercoledì 6 aprile 2022
Fiodor Dostoievski: Il sogno dello zio. Milano, Bietti, 1931.
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