martedì 10 agosto 2021

Varlam Šalamov (1907-1982), I racconti della Kolyma. Adelphi, 2009.


 Su questo libro si possono trovare in internet molte recensioni belle e dettagliate che mi sembrano più utili di quella che potrei scrivere io. Di fronte a una testimonianza diretta così fondamentale sugli orrori dei campi di lavoro di Stalin, dopo aver espresso un netto rifiuto di quel regime di universale illegalità, posso solo osservare con stupore che sono ancora in circolazione sulla nostra scena pubblica politici, giornalisti e studiosi, ormai anzianotti, che, nostalgici di un'epoca che a loro deve sembrare piena di idealismo romantico, dicono di sé sospirando, come per giustificare le loro idee "forti" davanti a giovani e sprovveduti interlocutori: "Che volete.... io sono un vecchio comunista...". Verso questi intellettuali, questi Ivan Ivanovič, come li chiamavano alla Kolyma, Šalamov è implacabile: "Gli scienziati, gli ingegneri e gli scrittori, gli intellettuali, quando finiscono in catene, sono pronti a strisciare davanti a un qualsiasi idiota semianalfabeta... E' tutta la vita che osservo il servilismo, la piaggeria, il volontario umiliarsi dell'intelligencija". E Šalamov conclude che questo servilismo nei rapporti con il capo caratterizza gli studiosi e gli scienziati di tutto il mondo (vedi pagg. 603-604).


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