domenica 1 novembre 2020
Max Gallo, La notte dei lunghi coltelli: 30 giugno 1934. Il Giornale, Biblioteca storica, [1999?].
E' un libro irritante e scialbo, scritto in modo prolisso e divagante, a metà fra il reportage giornalistico e il romanzo giallo. I fatti sono osservati dall'esterno e descritti in superficie. L'autore assume, fin quasi alla fine, il punto di vista di Hitler, che è sempre presente ma quasi invisibile: infatti osserva e valuta tutti gli avvenimenti in silenzio, finché non arriva alla decisione finale di far uccidere i capi delle SA e di lasciare che Himmler, Heydrich, Goering e altri gerarchi nazisti massacrino rivali, avversari e persone detestate. Decisione che, preparata in questo modo, sembra un atto necessario e inevitabile per conservare e consolidare il proprio potere. Solo dopo aver raccontato la strage, l'autore riveste i panni dello storico per dare qualche scontato giudizio e fare delle considerazioni, la più interessante delle quali mi sembra la seguente. "Karl Schmitt, giurista nazista che fa e disfa il diritto a seconda delle circostanze, non esita a scrivere, rievocando i fatti dei giorni precedenti: 'L'atto compiuto dal Fuehrer è un atto di diritto puro. Quest'atto non è sottoposto alla giustizia: è esso stesso la giustizia suprema'. Il Fuehrer può dunque tutto".
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