Il libro della Ratušinskaja è un diario dei suoi quattro anni di carcere. Arrestata nel settembre del 1982, fu liberata nell’ottobre del 1986, quando Gorbačёv già da un anno e mezzo era segretario del PCUS. La Ratušinskaja ha quindi conosciuto le carceri di Brežnev, di Jurij Andropov, di Kostantin Černenko e di Gorbačёv. E questo è un elemento obiettivo che basterebbe anche da solo a rendere il libro interessante: mentre noi occidentali sguazzavamo nella società dei consumi, in Unione Sovietica i dissidenti erano in carcere esposti alla fame, al freddo, alle malattie e ai soprusi del regime e dei carcerieri, i quali potevano impunemente negare ai detenuti anche quei pochi diritti che i loro stessi regolamenti riconoscevano.
Ma, oltre all'importanza di una testimonianza storica dove "non c'è posto per l'invenzione", il libro ha un grande valore morale. Un esiguo gruppo di donne, giovani e anziane, condannate per reati (spesso solo supposti) d’opinione, resiste con coraggio e fierezza all’oppressione carceraria e mantiene una piena libertà interiore attingendo forza dalla religione, dalla letteratura, dalle tradizioni e dallo spirito del popolo. "I miei gibì [gli uomini del Kgb] non si possono certo considerare una compagnia umana! Questi invece [i detenuti comuni] sono pur sempre esseri umani, benché fra loro vi siano certamente assassini e ladri. Ma il nostro popolo ha sempre chiamato 'sventurati' i forzati. Uomini sventurati, provo compassione per loro, e loro sicuramente per me". Lo spirito che anima queste donne è la volontà di “tornare in libertà senza essersi piegate, senza aver rinnegato le proprie opinioni, senza aver fatto delazioni sul conto degli amici, senza aver collaborato con il Kgb”. Ciascuna di esse è pronta a protestare con lo sciopero della fame e ad affrontare la cella d’isolamento per difendere dai soprusi ogni compagna di carcere. “Prendersi più a cuore il dolore altrui che il proprio: questo è probabilmente l’unico modo per restare esseri umani in un lager. Questi non erano per nessuna di noi atti di eroismo: se mai atti di autoconservazione. Persa questa capacità, l’essere umano ha perso tutto”. La Ratušinskaja è impegnata ad affermare e difendere l’esistenza di un mondo di verità. “Una persona normale è scioccata dalla brutalità e dalle menzogne? Allora [gli edificatori del comunismo] ve ne forniranno in tale quantità che dovrete chiamare a raccolta tutte le vostre forze interiori per ricordare che esiste un’altra realtà... E nello stesso tempo non dovrete mai permettervi di odiare! Non perché i vostri aguzzini non se lo meritino. Ma perché se lascerete penetrare l’odio dentro di voi, nel lager esso si svilupperà talmente che soppianterà qualsiasi altra cosa, vi corroderà e corromperà l’anima. Voi cesserete di esistere, la vostra personalità verrà annientata”. Questo sentimento di disprezzo e di compassione verso i propri aguzzini dà una intensità speciale allo sguardo dei carcerati; infatti “neanche uno dei carcerieri riesce a sopportare questo sguardo: si girano tutti dall’altra parte come cani bastonati”. Nella vita comune del carcere non mancano i momenti di leggerezza e di umorismo. Festeggiano un Capodanno disegnando l’albero di Natale con la polvere dentifricia. “Noi ridevamo un po’ troppo, ma questo ci aiutava a non impazzire”.
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