Ne “L’uomo a una dimensione”, del 1964, Herbert
Marcuse descriveva “l’ideologia della società industriale avanzata” (è il
sottotitolo): una società dove “l’apparato produttivo tende a diventare
totalitario nella misura in cui determina non soltanto le occupazioni, le
abilità e gli atteggiamenti socialmente richiesti, ma anche i bisogni e le
aspirazioni individuali”.
Il libro comincia così: “Una confortevole, levigata,
ragionevole, democratica non-libertà prevale nella civiltà industriale
avanzata, segno di progresso tecnico”.
Giacomo Leopardi, che loda quasi in ogni pagina dello
Zibaldone le virtù antiche, aveva capito e descritto il decadimento e l’avvilimento
della società contemporanea con una meravigliosa perspicacia che rende tuttora
valida ed esemplare la sua analisi.
“Ridotto l’uomo dallo stato solitario a quello di
società, le prime società, dice Leopardi, furono larghissime. Poco ristrette
fra gl’individui di ciascuna società, e scarse nella rispettiva estensione e
numero”.
Io immagino, per esempio, una carovana nell’America
del Nord della prima metà dell’Ottocento, che trasporta cento o
duecento persone dirette all’Ovest in cerca di terre da colonizzare. Arrivate
in un territorio favorevole, decidono di stabilirvisi e di creare un villaggio
costruendovi le loro case. Ecco un primitivo esempio di società larghissima, poco
ristretta fra gli individui e di scarsa estensione.
“Considerate le antiche lassissime società, scrive
Leopardi (che naturalmente non pensa affatto all’epopea del West; io l’ho
citata solo perché è facile da immaginare), e vedrete che amor di patria, ossia
di essa società, si trovava in ciascuno individuo, che calore in difenderla, in
procurare il suo bene, in sacrificarsi per gli altri ec. Venite giù di mano in
mano, e troverete le società sempre più ristrette e legate in proporzione dell’incivilimento.
Osservate i nostri tempi. Non solo non c’è più amor patrio, ma neanche patria.
Anzi neppur famiglia. L’uomo è tornato alla solitudine primitiva. L’individuo
solo, forma tutta la sua società”.
“Le società si sono ristrette di mano in mano che
veniamo giù discendendo dai tempi naturali: e si sono ristrette per due capi: 1.
tra gli individui di una stessa società; 2. tra le diverse società. Oggi questa
ristrettezza è al colmo in tutti due questi capi. Ciascuna società è così
vincolata: 1. dall’obbedienza che deve per tutti i versi, in tutte le minuzie,
con ogni matematica esattezza al suo capo, o governo; 2. dall’esattissimo
regolamento, determinazione, precisazione di tutti i doveri e osservanze,
morali, politiche, religiose, civili, pubbliche, private, domestiche ec. che legano
l’individuo agli altri individui... Le diverse società poi sono così strette
fra loro (dico le civili massimamente, ma non solamente), che l’Europa forma
una sola famiglia... In questo momento poi l’Europa è piuttosto una nazione
governata da una dieta assoluta; o vogliamo dire sottoposta ad una quasi
perfetta oligarchia”.
Benché all’inizio dell’Ottocento non ci fosse ancora
la “società industriale avanzata”, Leopardi ha anticipato Marcuse di 150 anni.
I progressisti idealisti, come Croce e Russo, erano troppo ottimisti e miopi per poter comprendere Leopardi. Croce ha scritto che Leopardi era pessimista perché infelice; Russo, che l'amore per il mondo antico era per lui "una cara ossessione". I due grandi maestri avevano un orizzonte spirituale troppo vasto e, horribile dictu, un orizzonte storico troppo angusto: non interpretavano le epoche storiche con lo stesso acuto realismo di Leopardi né avevano la sua accorata partecipazione e consapevolezza del tempo presente.
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