mercoledì 10 luglio 2019

Il molle pungiglione di Alessandro Robecchi.


Dopo l’episodio della nave Sea Watch, carica di migranti,  comandata dalla giovane Carola Rackete, i giornalisti alfieri dell'accoglienza volano a sciami con i loro pungiglioni per fare a pezzi Salvini e gli italiani che lui ha reso cattivi. Il Fatto Quotidiano, stagno di acque ferme, alimenta molte di queste zanzare.
Oggi Alessandro Robecchi, uno degli autori del bravo ma spesso prolisso Maurizio Crozza, pubblica un articolo straordinario di cui riporto due passaggi:
“… ora che il Paese pare essersi piegato alle scemenze del tipo ‘non possiamo accoglierli tutti’, ora, dico – qui e ora – per i famosi italiani che vengono ‘prima’, è cambiato qualcosa? Voglio dire: più reddito? Migliori condizioni di lavoro e di vita? Sono forse più felici? Garruli? Spensierati? Guardano al futuro con rinnovata fiducia?”.
Immagino che Robecchi non si accontenterebbe di una risposta mediocre, del tipo che, riducendo gli arrivi di migranti, forse la situazione sociale non peggiorerebbe. Uno che scrive a quel modo, con idee rigide e categoriche e lo spirito pieno di leggerezza, pretende che la politica di contenimento dia la felicità completa a chi la sostiene, altrimenti, oltre che disumana, sarebbe anche un totale fallimento.
L’altro passaggio umoristico è questo:
“Nessuno di loro [parla dei terremotati], nemmeno per un istante, pensa di non riavere una casa, o il suo centro storico, o le scuole, per colpa di una quarantina di naufraghi stipati su una barca a vela”.
Ma, a parte il fatto che il problema non è costituito né da quaranta né da quattrocento e nemmeno da quattromila naufraghi, che ne sa Robecchi di quello che pensano i terremotati?
Robecchi scrive con tanta imperturbabile sbadataggine, che il suo articolo, invece che una difesa dell'accoglienza, sembra una parodia del buonismo.



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