Oggi Furio Colombo, che proprio non riesce a stare in silenzio nemmeno per
pochi giorni, canta la canzone del mare (“Chi
è il proprietario del mare”). Ma il suo articolo non è musica, non è poesia, non è politica,
non è storia, non è mitologia, non è autobiografia, non è invenzione, non è
sogno. Che cos’è, dunque? E' forse teologia, ma soprattutto è pura chiacchiera verbosa, piena di imprecisioni se non
di falsità, con insulti a Salvini e alla maggioranza del popolo italiano, ispirati
da un animus umanitario pieno di presunzione, e quindi falso.
“Un Paese fatto
di mare che deve tutto al mare e continua a goderne gli immensi vantaggi anche
mentre un pugno di umanità disperata [ah sì, proprio un pugno!] sbarca
o tenta di sbarcare, e per giunta esalta
i suoi peggiori cittadini e chiude i porti da cui ti giunge tuttora più
ricchezza che a ogni altro Paese europeo, è difficile da aiutare”.
Mi chiedo che razza di ragionamento sia mai questo. La conclusione dell'articolo è ancora
più imbarazzante: “chiudere i porti… e
dunque chiudere il mare, che dona molto ma non conosce padroni [siamo alla
teologia di dom Franzoni: la terra è di Dio!], è un progetto
a cui nessuna persona mentalmente serena vorrà partecipare”.
Che stoccata da maestro a qualche decina di milioni di italiani! Quando si è sordi e ciechi di fronte alla realtà, ci si soddisfa con qualche paroletta.
Per finire, questa retorica del mare, che per l'Italia sarebbe stato, come sostiene Colombo, un destino sempre assolutamente buono,
non mi pare che regga a tutte le prove della storia. Il mare non ha avuto per
noi, almeno negli ultimi cinque secoli, nemmeno lontanamente la straordinaria importanza strategica, come fonte di
ricchezza e baluardo difensivo, che ha avuto, per esempio, per la Gran Bretagna, e
oggi è anzi un elemento di fragilità e di debolezza.


Nessun commento:
Posta un commento