Molti anni fa lessi il libro di Alessandro Galante Garrone “I miei maggiori”.
Tra gli altri, c’erano Benedetto Croce e Gaetano Salvemini. Mi colpì un
giudizio di Galante Garrone: che Salvemini, privo di una formazione filosofica
e di finezza dialettica, era sempre perdente nelle polemiche con Croce. Leggo
ora un’antologia di scritti storici di Salvemini, “Medioevo Risorgimento
Fascismo”, e mi pare che quel giudizio di Galante Garrone vada completamente rovesciato.
Credo anzi che la concretezza di Salvemini sia così solida da non temere
nessuna possibile confutazione basata su sottigliezze dialettiche; il suo realismo limpido e
evidente è persino divertente per la sua ironia.
In un saggio pubblicato a puntate sulla rivista Il Ponte nel 1952, “Fu
l’Italia prefascista una democrazia?”, lo storico pugliese, alla soglia degli
ottant’anni, scriveva:
“L’11 marzo 1870, Quintino Sella, nella Camera dei deputati, disse che la
Destra rappresentava ‘di preferenza’ ‘gli agiati, i ricchi, i capitalisti’,
mentre la Sinistra rappresentava ‘il lavoro, e non solo il lavoro manuale, ma
anche il lavoro intellettuale’. Probabilmente Sella non sapeva che Federico
Engels e Carlo Marx, fin dal 1847, avevano inventato la lotta di classe: Sella
divideva gli uomini in classi, come Monsieur Jourdain in Molière parla in prosa
senza saperlo. Non era venuto ancora Benedetto Croce a insegnarci che le classi
non esistono, e perciò non esistono neanche le lotte fra le classi. Anche Don
Ferrante, nei Promessi Sposi, dimostra, a fil di logica, che la peste non
esiste, e muore di peste”.
Dopo aver analizzato l’attività di governo di Giovanni Giolitti, a cui
Salvemini riconosce dei meriti di equilibrio e di buon senso, ma non la
paternità esclusiva dei progressi economici e sociali, che erano già avviati
prima del decennio in cui dominò la scena politica, lo storico pugliese scrive:
“Benedetto Croce, in quella ‘Storia d’Italia dal 1871 al 1915’, che
dovrebbe piuttosto essere intitolata ‘Opinioni del dottor Pangloss sulla storia
d’Italia acconciata in modo da convalidare sempre le opinioni del dottor
Pangloss’, ha attinto dalle Memorie di Giolitti la notizia che nel settembre
1904, Bülow, cancelliere dell’impero germanico, si congratulò con Giolitti ‘per
l’andamento che l’Italia aveva dato alla sua amministrazione, alla sua
legislazione, alla sua economia, a tutte le sue varie attività’. Di che cosa
poteva congratularsi nel 1904 Bülow con Giolitti?”.
Salvemini, dopo aver osservato che il 1904 era appena l’inizio del decennio
giolittiano, dopo aver notato che nelle Memorie di Bülow “non c’è nessun cenno
ad effusioni ammirative per l’andamento delle cose italiane”, conclude che
Croce, scrivendo la sua Storia nel 1928, ha esagerato e generalizzato un
episodio insignificante. “…anche se Bülow accennò a materie di quel genere, si
trattò di qualche complimento senza particolare significato, che non sarebbe
serio incastonare come documento attendibile in un libro di ‘storia’ ”.
Dell’ultima pagina polemica su Croce, tralascio le argomentazioni troppo
lunghe, e riporto solo la sarcastica osservazione introduttiva:
“Nel settembre 1945, Ferruccio Parri affermò che in Italia non era mai
esistita una democrazia. Invece Benedetto Croce affermò che l’Italia aveva
posseduto un regime democratico coi fiocchi. Chi aveva ragione? Croce aveva
sempre preso in burla l’ideale ‘illuminista’ della democrazia; a questo mondo,
di democrazia, per lui ce n’era anche troppa; quindi ce ne era stata più che
abbastanza anche in Italia”.
Nessun commento:
Posta un commento