mercoledì 13 giugno 2018

Furio Colombo, giornalista troppo full time.

Mi ha sorpreso che Furio Colombo abbia criticato per mezza pagina di giornale il presidente Giuseppe Conte (Il Fatto del 10 giugno), con una scortesia paragonabile a quella inaspettata di Delrio (personaggio crepuscolare quanto la Madìa), senza mai chiamarlo per nome, ma solo 'presidente part-time'. Segno, mi pare, di un patologico disprezzo intellettualistico.
Furio Colombo scrive che il ‘presidente’ (le virgolette sono sue) “enuncia senza la minima vibrazione o emozione o passione… ciò che è stato concordato sulle schede preparate dai suoi datori di lavoro”.
Non leggo abitualmente gli articoli di Colombo, giornalista troppo logorroico, ma per farsi un’idea della sua personale capacità di provare, come dice lui, vibrazioni emozioni o passioni, basta leggere l’articolo sul Fatto di lunedì 11, dove parla dei libri autobiografici di Massimo Fini. Che articolo! Sembra la classica presentazione di una mostra di pittura, scritta da uno di quei sedicenti critici d’arte incomprensibili e intellettualoidi (la cui figura però è diventata molto caratteristica) che ammucchiano parole difficili e concetti peregrini. Colombo conclude con questa frase storica: “E’ quasi impossibile voltarsi a narrare la propria vita. Massimo Fini l’ha fatto. Valeva la pena”.
Al posto di Massimo Fini, io mi offenderei. 

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