lunedì 12 giugno 2017

Bestiario governativo n. 3.

E’ un importante uomo politico di lungo corso che, più passano gli anni, più ama presentarsi come un innocente e ispirato fanciullino. Di qualsiasi cosa parli, dalle più grandi alle più piccole (le sinistre in Europa e le levatacce che facevano ogni mattina i "poveri" operai per andare al lavoro; l’importanza della religione e la propria coscienza, che egli mantiene sempre vigile e pulita; la bellezza della politica e i viaggi fatti all’estero con la famiglia), si esprime sempre con la stessa autorevole serietà, facendo scialo di concetti banali raccattati nelle sezioni di partito e nelle parrocchie. Che io sappia, nessuno ha notato l’enfasi puerile con cui sono costruite le sue frasi, che dimostrano non solo povertà di linguaggio, ma soprattutto un eccesso di egocentrismo e una completa mancanza di senso dell'umorismo, di misura e di gusto. Ha detto: “Io parlo con la libertà che discende dalla mia scelta di vita”; ma una frase così gonfia può sembrare vera solo se l’avesse pronunciata Attilio Regolo davanti ai senatori romani.
I giornalisti compiacenti gli permettono di parlare a ruota libera senza incontrare obiezioni; perciò, nel mondo artificioso in cui vive, i suoi slogan possono circolare come se fossero nobili ideali. Ma le sue parole, che come in un racconto di fate e di gnomi vogliono apparire sempre edificanti e sentenziose ("Lei si sente tradito da Renzi?"; "Tradito no. Io non coltivo questo sentimento"), e le guance molli come mozzarelle dicono che la serena soddisfazione di sé, che egli ostenta con tanta modestia, se l'è costruita in uno spazio vuoto e non resisterebbe nemmeno per un attimo all’incontro con il mondo reale. 

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