venerdì 2 settembre 2016

Cicerone: La vecchiezza. Biblioteca universale Rizzoli, 1989.



Questa operetta di poche decine di pagine si legge tutta d’un fiato, perché è scritta con chiarezza, semplicità e con una certa brillantezza.
Dopo aver difeso i vecchi dai rimproveri che di solito vengono  loro rivolti, Cicerone scrive:
“Dell’avarizia, poi, in un vecchio non vedo la ragione: può infatti esservi cosa più assurda che andar cercando, quanto meno di via rimane, tanto più di viatico?”.
Qui il ragionamento forte e semplice si conclude con una piacevole arguzia.
E poco prima aveva detto, sempre a proposito dei vecchi, che non sono sempre bisbetici e irascibili:
“La cosa sta così: come non ogni vino, così non ogni indole inacidisce con gli anni”.
Già da queste frasi, si capisce che Cicerone non parla della vecchiaia reale che siamo abituati ad osservare nella vita concreta (fra i parenti, i vicini di casa, i colleghi di lavoro, per strada, ecc.), ma descrive la vecchiaia di una cerchia ristretta di persone, o forse, idealizzando un poco anche quelle, immagina soltanto una vecchiaia possibile.
Infatti egli parla solo a uomini dal cuore generoso e dall’intelletto forte, e tali sono i personaggi che cita come esempi.
Per la quasi totalità dei suoi lettori, estranei a quella élite, questo libretto potrebbe perciò avere per titolo semplicemente Consigli oppure Esortazioni per la vecchiaia.
Già all’inizio del suo discorso, Catone il Censore (che è il personaggio dietro il quale Cicerone si nasconde), dice ai due giovani amici che lo interrogano:
“A quelli che non hanno in se stessi nessun aiuto per vivere bene e felici, a loro tutte le età sono grevi; a quelli invece che chiedono solo a sé ogni bene, a loro non può sembrar male nulla di ciò che necessità di natura ci impone… Perciò, se solete ammirare la mia saggezza, in questo sono saggio, che io seguo la natura, guida ottima, come un dio, e a lei ubbidisco; non è verosimile che essa, mentre le altre parti della vita le ha concepite bene, l’ultimo atto l’abbia trascurato, come un poeta senz’arte”.
La vita eroica (in senso morale e intellettuale) dell’uomo anziano che Cicerone descrive oscilla fra una forte solitudine piena di meditazione (“com’è importante che l’animo stia con se stesso e con se stesso viva!”) e una autorevole presenza in mezzo alla gente e soprattutto fra i giovani ("Che cosa infatti è più bello di una vecchiezza circondata da una gioventù desiderosa di imparare?”).
Oltre che nello studio, l'uomo anziano può anche trovare ispirazione e conforto nel coltivare la terra. La descrizione che Cicerone fa dei piaceri dell’agricoltura,  che “si avvicinano massimamente alla vita del sapiente”, è certo la pagina più poetica della sua operetta.
“Mi diletta non il frutto soltanto, ma il vigore e la natura della terra stessa… Posso ricordarvi la semina, la nascita, la crescita delle viti? Non mi posso saziare del piacere che ne provo…”.
Dopo aver respinto vari motivi che, secondo il sentimento comune, angosciano la vecchiaia,  Cicerone si dedica all’ultimo, il più grave: l’avvicinarsi della morte.
Anche qui, per rappresentare la naturalezza della morte nell’età avanzata, trova belle immagini poetiche:
“e come i frutti se sono acerbi a stento si strappano dagli alberi, ma se sono perfettamente maturi cadono da sé, così ai giovani toglie la vita la violenza, ai vecchi la maturità”.
Ma questa, per la verità, mi sembra la parte meno convincente dell’operetta, perché nient'altro che un facile sofisma è la convinzione che “della morte non ci si debba preoccupare. Essa o è trascurabile del tutto, se spegne interamente l’anima, o addirittura desiderabile, se la conduce in qualche luogo, dove sia destinata a essere eterna”.
L’autore non considera che il fatto in sé di dover morire dà in generale  meno angoscia del modo imprevedibilmente crudele in cui può presentarsi la morte, del dolore, della lunghezza e della degradazione di una malattia, ecc.
Tuttavia, se si pensa a come morì Cicerone, porgendo il collo senza tremare ai suoi carnefici, i sicari inviati da Marco Antonio, la conclusione energica e rasserenante del suo discorso non sembra retorica.

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