“Il virile orgoglio
dei Romani [del tempo repubblicano],
pago della potenza effettiva, aveva lasciato alla vanità dell’Oriente le
formalità e le cerimonie della pompa esteriore. Ma quando essi persero anche
l’ombra di quelle virtù che nascevano dalla loro antica libertà, la semplicità dei
costumi romani fu insensibilmente corrotta dalla pomposa ostentazione delle
corti dell’Asia. Dal dispotismo degli imperatori furono abolite le distinzioni
del merito, così cospicue in una repubblica, e così deboli e oscure in una monarchia. Ad esse gli imperatori sostituirono
una rigida subordinazione di gradi e uffici... Questa moltitudine di abbietti
dipendenti aveva interesse a sostenere il governo dal timore di una
rivoluzione, che a un tratto avrebbe potuto deludere le loro speranze e
privarli del premio dei loro servizi. In questa divina gerarchia veniva
indicato con la più scrupolosa esattezza ogni grado, e se ne ostentava la
dignità con una quantità di frivole e solenni cerimonie, che era doveroso
conoscere e sacrilego trascurare”.
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