lunedì 23 maggio 2016

Avvocati dell'impero romano (e di tutti i tempi). Citazioni da Edward Gibbon (1737-1794), Storia della decadenza e caduta dell'impero romano. Einaudi, 1967.



“La più celebre scuola [forense] era quella di Berito sulle coste della Fenicia... Dopo un regolare corso di studi, che durava cinque anni, gli studenti si spargevano per le province in cerca di ricchezze e di onori: né poteva loro mancare una mole inesauribile di lavoro in un grande impero, già corrotto dalla molteplicità delle leggi, delle arti e dei vizi.... Nella pratica del foro, quegli uomini avevano considerato il cavillo come lo strumento della discussione, interpretando le leggi secondo i dettami del privato interesse, e [quando diventavano uomini di governo] conservavano le stesse perniciose abitudini nel governo dello stato.
L’onore di questa professione liberale è stato sostenuto da molti avvocati antichi e moderni, che hanno coperto i posti più importanti con grande integrità e sperimentata saggezza; ma nel declino del diritto romano la normale promozione degli avvocati a posti di governo era gravida di malanni e di vergogne.
Questa nobile arte, un tempo sacra eredità dei patrizi [che la esercitavano gratuitamente], era caduta nelle mani dei liberti e dei plebei, che operando con l’astuzia anziché col sapere, ne facevano un sordido e pernicioso commercio.
Alcuni di loro si insinuavano nelle famiglie allo scopo di fomentare divergenze, promuovere liti e preparare una messe di guadagno per se stessi o i loro colleghi.
Altri, chiusi nel loro studio, sostenevano la dignità della professione forense fornendo cavilli ai ricchi clienti per confondere la più patente verità, oppure argomenti per avvalorare le più ingiuste pretese.
La classe più splendida e popolare si componeva di quegli avvocati che facevano risuonare il foro della loro turgida e loquace retorica.
Incuranti della fama e della giustizia, per la massima parte ci vengono descritti come guide ignoranti e rapaci, che conducevano i loro clienti per un dedalo di spese, di dilazioni e delusioni, abbandonandoli dopo lunghi anni quando la loro pazienza e ricchezza erano quasi esaurite”.

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