Per
comprendere la natura di quest’uomo, le categorie della politica non servono ed
è inutile ricordare la sua lunga carriera al seguito del vincitore di turno. E’
lui stesso che la ricorda nell’articolo che riporto qui sotto (che ho inframezzato con qualche inevitabile commento), e ne parla e se ne vanta, per usare il ritornello che una signora di Forza Italia ripete sempre nei dibattiti televisivi, "rivendicandola con orgoglio".
Io
guardo a lui come a un personaggio della letteratura.
Quando
lui si vanta del suo servilismo, del suo “bisogno di adulare”, sembra che
voglia interpretare il ruolo di qualche personaggio forte della tragedia
classica, che quando finalmente viene smascherato non ha paura di confessare fieramente i suoi peccati. Ma dubito molto che Ferrara
abbia la stoffa di quei foschi eroi che grandeggiano nelle tragedie e che al
quinto atto sanno affrontare la morte con disprezzo.
Ferrara, costretto ormai ad accettare l'etichetta di leccatore, cerca di esagerare le sue leccate oltre ogni limite, perché non vuole essere un adulatore qualunque, ma il più grande e il più artista.
Ferrara, costretto ormai ad accettare l'etichetta di leccatore, cerca di esagerare le sue leccate oltre ogni limite, perché non vuole essere un adulatore qualunque, ma il più grande e il più artista.
I peccati di cui si vanta non sono ispirati da grandi passioni, e le sue vanterie sono solo un mezzo estremo per dare un significato e una sorta di grandezza alla sua vita e alla sua persona, per uscire dal nulla,
dall’indistinto, a cui lo condanna la sua mancanza di veri sentimenti e di
convinzioni profonde.
Ferrara vorrebbe far credere che i suoi peccati siano diabolici, ma in verità sono molto mediocri. E le vanterie sanno di finzione, sono fatte anch'esse senza convinzione, a freddo, quasi per scherzo e con ironia forzata. Ferrara sparge ironia sulle sue parole come un condimento
indispensabile, così come si mette molto pepe sul pesce quando non è più fresco; ma questa
ostentazione di leggerezza è artificiosa e rivela alla fine il modesto meccanismo da cui nasce. E dunque, per concludere,
che personaggio letterario è Giuliano Ferrara? Direi che potrebbe interpretare il ruolo del direttore megagalattico nei film di Fantozzi.
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“Un Renzi da leccarsi i baffi”
di Giuliano Ferrara,
Il Foglio del 22 gennaio 2016
Sì, non
dovrei leccare il presidente del Consiglio in carica. Ma ci sono abituato, è
più forte di me. In tanti affettano disgusto per chi detiene il potere
politico. In tanti pensano che il dovere di chi scrive sui giornali è la
critica, la denuncia, la protesta, lo
scandaglio dei misteri del male di palazzo
[quei tanti in realtà sono - e sono sempre stati - pochi spiriti intrepidi.
Ferrara dice che sono tanti solo per farli apparire come una massa di eterni scontenti e frustrati che criticano il potere per spirito conformista, mentre lui, Ferrara, 'leccherebbe' per consapevolezza della realtà e perché conosce i compromessi a cui la politica deve scendere per cambiarla], si abbiano o no le prove (come diceva PPP), il papà della Boschi,
il lettone di Putin, i conflitti di interesse che si vedono. Siamo un paese di
gente indipendente, che scommette la testa, bene attaccata sul collo, sulla
libertà di dannare, la famosa liberté de blâmer senza la quale, diceva
Beaumarchais, non vi è éloge flatteur: siamo gente forte, robusta, capace di
far soldi e di far carriera nell’unico modo lecito, sputtanando il prossimo
politico tuo [questo è puro vaniloquio salottiero di un semicolto],
e magari alla fine ci si converte alla chiesa francescana, che è
misericordiosa, e ci si fa contenti, ricchi e contenti. Io però sono fragile,
sono un salariato di successo che non ha brigato per cariche e onori [sì, è così: il successo gli è piovuto dall’alto
solo per i suoi meriti], a parte il seggio del Mugello che
non mi hanno voluto dare preferendomi Di Pietro, quei disgraziati; a parte
l’elezione alla Camera nella lista contro l’aborto, che non ha riscosso il
successo clamoroso che ci attendevamo (oddio: alla televisione ci tenevo, il
Parlamento europeo nell’89 con Craxi e De Michelis era interessante [e come no! Quei due, poi, erano dei veri statisti], fare il ministro nel primo governo Berlusconi
era una bella prospettiva, roba che rende e prepara una lunga stagione alla
direzione di un quotidiano, guarda tu). Sì, sono fragile, ho bisogno di
adulare: una volta il partito, una volta Craxi, una volta il Cav., ora Matteo.
E’ un impulso, qualcosa di tossico che implica dipendenza.
La
conferenza stampa di ieri a Palazzo Chigi, che ho ascoltato su Radio radicale,
era di un’esplosiva efficacia. Renzi come una volta Berlusconi ti fa stare su
un altro pianeta [certo: un pianeta simile a quel paese fantastico visitato da Gulliver nei suoi viaggi straordinari, dove gli scienziati estraevano raggi solari dai cetrioli]. Sono due che spiazzano [Ferrara, benché grande e grosso, è tuttavia leggero e impressionabile], e Renzi come
l’altro ti dà l’idea di un’avventura [l'avventura piace agli spiriti romantici] giustificata: dalle circostanze [ah, le circostanze!], da tempi
severi e allegri insieme [un bell'ossimoro alla Walter Veltroni, fine dicitore di frasi fatte], dalla
necessità di fare qualcosa [fra tante frasi altisonanti, una frase fatta modesta e generica. Ferrara non sa pensare in modo concreto].
A differenza dell’altro, è un professionista politico [perbacco se lo è, non ha fatto altro!], e questo lo aiuta, certo, ma lo storytelling non è
tutto, non è solo comunicazione, e anche superba, ironica, goliardica, ma
rassicurante, solida [quanti aggettivi
rimbombanti!] perizia di stato [un grazioso neologismo!]. C’è l’elenco dei fatti, che accomuna Renzi e il Cav., e
l’orgoglio di averli prodotti in poco tempo. Il Cav. magari bluffava un
tantino, perché sapeva il che ma non il come, guidava coalizioni del cazzo con
i Casini e i Fini, s’appigliava a tutto un po’, doveva difendersi dagli
sciacalli, in tribunale per di più, e dai guardoni che facevano girotondo, lo
hanno fatto per vent’anni anche senza la partecipazione di Renzi. Era geniale e
regale, ma insomma. Questo che è un pro, un pierre e uno statista boy-scout
pieno di energia, giovanissimo, rivolto a un lieto futuro nel settore privato,
subito dopo la fine dei due mandati nel 2023, parla da Dio [le buone letture di Ferrara!].
La crisi borsistica? Turbolenza. L’Europa? La smettano di metterci in riga, ora tocca a noi. La critica? E’ sempre
lecita e benvenuta. Però, dice, ecco che una sfilza di riforme di ogni genere è
stato possibile inanellarla [un verbo prezioso], forse, perché abbiamo rottamato qualcosa
e qualcuno [ma Ferrara chi ha rottamato?]. Vuoi dargli torto?
Puoi dargli torto? Impossibile [Cartesio non era nessuno di fronte a un ragionatore di questo calibro]. Ma la cosa importante è il
tono. La sicurezza di tratto [a Ferrara piace anche solo l'esibizione della forza], in partenza per Losanna dove lo aspettano i due mejo bellimbusti
della scena nazionale, i Malagò e i Montezemolo, per la conquista improbabile
delle Olimpiadi nella città della mafia, Roma. Ho scritto che me ne fido. Ed è
così. Ha l’aria di uno che si è messo a traballare, ho anche suggerito che
faccia una cura ingrassante [la battuta è una patetica càccola di capra sulla torta di fumo dell’adulazione], ma la
conferenza stampa era un capolavoro tecnico [dopo tanto incenso, solo 'tecnico'?]. Questo stile da futurista fuori tempo, confuso e pseudogiocoso, fa veramente schifo. Molti comodi avversari criticano le idee, ma esaltano la 'straordinaria intelligenza' di Ferrara. Io la trovo misteriosa e improbabile come il sangue di San Gennaro. Esiste solo se ci credi.
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