venerdì 28 marzo 2014

Miracoli: l'architetto Renzo Piano dice di sapere come salvare le periferie delle nostre città (come il personaggio di Giorgio Gaber, che sa trasformare una utilitaria in un'auto da corsa). 1^ puntata.



Su Il Fatto Quotidiano del 17 marzo scorso, le pagine 4 e 5 sono dedicate all’architetto Renzo Piano, da pochi mesi senatore a vita. “E ora salviamo le nostre periferie” è il titolo della lunga intervista.  Renzo Piano dice che ora tocca alle periferie essere salvate, perché lui, con altri amici architetti, negli anni ’70 e ’80 avrebbe già salvato i centri storici.
“Il cuore delle nostre città, dice, era minacciato dalle follie del dopoguerra che radevano al suolo i quartieri storici. E’ stato un successo, perfino troppo”.
Non so di che cosa parli l'architetto. Renzo Piano si sarebbe battuto con successo negli anni ’80 contro le follie del dopoguerra (guerra finita da quarant'anni), quando lo scempio era già stato compiuto da un pezzo? Ma io non mi sono accorto di niente e non ho visto niente.  Andate a vedere, piuttosto, il centro storico di Bari, che fino alla seconda guerra mondiale doveva essere, con i suoi quartieri murattiani, bella come la Barcellona di fine Ottocento. Gli antichi palazzi pieni di balconi con ringhiere splendide sono stati demoliti, per far posto ad orrendi edifici di otto piani, ben prima della nobile battaglia di Renzo Piano.
E che dire della decisione presa simultaneamente da tutte le amministrazioni d’Italia, verso la fine degli anni ’60, di eliminare quasi completamente i tram cittadini, con le loro corsie preferenziali, per aprire le città all'invasione delle automobili private? Fu un ottuso e servile omaggio al mito del progresso e un immenso regalo alle grandi industrie. Solo dopo una cinquantina d'anni si è riscoperto che il tram è un bel giocattolo e, con la stessa sconsideratezza con cui lo si era eliminato, lo si è ora costruito a caro prezzo là dove era superfluo (per es. sulla linea Firenze-Scandicci).
Ma lasciamo andare queste recriminazioni: ora è il momento di salvare le periferie.
La ricetta di Renzo Piano sta tutta in poche righe: “Il primo essenziale passo è portare qui le attività civiche… Bisogna portare nelle periferie le funzioni della città. Prima di tutto le scuole… E poi biblioteche, teatri, musei, ospedali, tribunali”.
Il secondo passo consisterebbe in un “consolidamento strutturale” attraverso  cantieri tolleranti… che non mandino via la gente durante i lavori”.
Terzo punto: “l’adeguamento energetico”.
Quarto punto: “il verde”. 
Ma di verde non ce n'è più in periferia, che è squallida appunto  perché è fitta di brutti palazzoni.
Quinto punto: “le piazze. Oggi o non esistono o sono piuttosto dei vuoti”.
E qui, sulle piazze, Renzo Piano intona una litanìa alla Walter Veltroni: “Bisogna realizzarle e portarci le attività del quartiere, devono essere un luogo dove la gente si incontra e confronta”.
E poi, naturalmente, ci sono “le metropolitane, gli autobus, il car sharing e le piste ciclabili. Bisogna intervenire sulle distanze… Servono processi partecipativi… Occorre ascoltare e accogliere il contributo della gente”.
Che altro si può aggiungere? Propongo distribuzioni periferiche di caramelle ai bambini e fiori alle signore.
Sul giornale, al centro dell’intervista, c’è una foto di Renzo Piano preso di profilo. Mi ha colpito, perché, senza il suo abituale sorriso hollywoodiano (giudico dalle foto su internet),  assomiglia a un qualsiasi ragionier Brambilla.  E del tutto brambillesche sono le soluzioni urbanistiche che propone, che   hanno realisticamente l'efficacia di una cerbottana contro un cacciabombardiere.
Fanno venire in mente l’amico di Giorgio Gaber, nella canzone Il truccamotori, che ha una ricetta infallibile per migliorare le prestazioni dell'automobile:
Lima testata e collettori
cambia marmitta e carburatori
e così con poca spesa il tuo motore ha un’altra resa.

(continua al post successivo)

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