Su Il Fatto Quotidiano del 17 marzo scorso, le pagine 4 e 5 sono
dedicate all’architetto Renzo Piano, da pochi mesi senatore a vita. “E ora salviamo le nostre periferie” è il
titolo della lunga intervista. Renzo
Piano dice che ora tocca alle
periferie essere salvate, perché lui, con altri amici architetti, negli anni
’70 e ’80 avrebbe già salvato i centri storici.
“Il cuore delle nostre città, dice, era
minacciato dalle follie del dopoguerra che radevano al suolo i quartieri
storici. E’ stato un successo, perfino troppo”.
Non so di che cosa parli
l'architetto. Renzo Piano si sarebbe battuto con successo negli anni ’80 contro le follie del dopoguerra (guerra finita da quarant'anni), quando lo scempio
era già stato compiuto da un pezzo? Ma io non mi sono accorto di niente e non ho visto
niente. Andate a vedere, piuttosto, il
centro storico di Bari, che fino alla seconda guerra mondiale doveva essere,
con i suoi quartieri murattiani, bella come la Barcellona di fine Ottocento.
Gli antichi palazzi pieni di balconi con ringhiere splendide sono stati demoliti, per far posto ad orrendi edifici di otto piani, ben prima della nobile battaglia di Renzo Piano.
E che dire della decisione
presa simultaneamente da tutte le amministrazioni d’Italia, verso la fine degli
anni ’60, di eliminare quasi completamente i tram cittadini, con le loro corsie
preferenziali, per aprire le città all'invasione delle automobili private? Fu un ottuso e servile omaggio al mito del progresso e un immenso regalo alle grandi industrie. Solo dopo una cinquantina d'anni si è riscoperto che il tram è un bel giocattolo e, con la stessa sconsideratezza con cui lo si era eliminato, lo si è ora costruito a caro prezzo là dove era superfluo (per
es. sulla linea Firenze-Scandicci).
Ma lasciamo andare queste
recriminazioni: ora è il momento di salvare le periferie.
La ricetta di Renzo Piano sta
tutta in poche righe: “Il primo
essenziale passo è portare qui le attività civiche… Bisogna portare nelle
periferie le funzioni della città. Prima di tutto le scuole… E poi biblioteche,
teatri, musei, ospedali, tribunali”.
Il secondo passo
consisterebbe in un “consolidamento
strutturale” attraverso “cantieri tolleranti… che non mandino via la
gente durante i lavori”.
Terzo punto: “l’adeguamento energetico”.
Quarto punto: “il verde”.
Ma di verde non ce n'è più in periferia, che è squallida appunto perché è fitta di brutti palazzoni.
Ma di verde non ce n'è più in periferia, che è squallida appunto perché è fitta di brutti palazzoni.
Quinto punto: “le piazze. Oggi o non esistono o sono
piuttosto dei vuoti”.
E qui, sulle piazze, Renzo Piano intona una
litanìa alla Walter Veltroni: “Bisogna
realizzarle e portarci le attività del quartiere, devono essere un luogo dove
la gente si incontra e confronta”.
E poi, naturalmente, ci sono “le metropolitane, gli autobus, il car sharing
e le piste ciclabili. Bisogna intervenire sulle distanze… Servono processi
partecipativi… Occorre ascoltare e accogliere il contributo della gente”.
Che altro si può aggiungere? Propongo distribuzioni periferiche di caramelle ai bambini e fiori alle signore.
Che altro si può aggiungere? Propongo distribuzioni periferiche di caramelle ai bambini e fiori alle signore.
Sul giornale, al centro dell’intervista, c’è
una foto di Renzo Piano preso di profilo. Mi ha colpito, perché, senza il suo
abituale sorriso hollywoodiano (giudico dalle foto su internet), assomiglia
a un qualsiasi ragionier Brambilla. E del tutto brambillesche sono le soluzioni urbanistiche che propone, che hanno realisticamente l'efficacia di una cerbottana contro un cacciabombardiere.
Fanno venire in mente l’amico di
Giorgio Gaber, nella canzone Il truccamotori, che ha una ricetta infallibile per migliorare le prestazioni dell'automobile:
Lima testata e collettori
cambia marmitta e carburatori
e così con poca spesa il tuo motore ha un’altra resa.
(continua al post successivo)
Nessun commento:
Posta un commento