lunedì 10 marzo 2014

Medici italiani.


Egregio dottor S. G.,
                                        sono l'anziano paziente che lei giovedì 6 marzo scorso ha passato dal codice priorità C a quello B nella lista dei malati in attesa di intervento chirurgico.
Nel corso della visita, lei ha respinto con grande sicurezza ogni mio accenno di critica alla categoria dei medici e alla sanità in generale.
Uscito dallo stato di leggera confusione che ogni seria visita medica mi provoca,  ho continuato a rimuginare sulla nostra breve discussione e  mi sono convinto che nessuna delle cose dette da lei regge alla prova di un esame attento.
Poiché lei mi è sembrato un giovane medico scupoloso, mi permetto  di fare alcune considerazioni.
Lei non può sottovalutare le infinite denunce giornalistiche di inefficienze del sistema sanitario,  di casi di corruzione (concorsi truccati, nomine partitiche di dirigenti sanitari, ecc.) e di  incompetenza di singoli medici (se cerca in internet, troverà decine e decine di episodi raccontati dagli stessi  protagonisti).
Quando ho parlato della mia personale lunga esperienza negativa, lei ha risposto che sono stato sfortunato. Ma questa non può essere una risposta. Se i giornali non vanno presi sul serio, se l’esperienza personale non conta niente, a che cosa dovremmo dare valore?
Lei ha vantato la qualità del suo reparto, dei suoi colleghi e della struttura in cui lavora. Potrei dire, svalutando a mia volta la sua esperienza, che lei, a differenza di me, è casualmente  fortunato.  Ma sarebbero quisquilie. Voglio invece ripetere quello che ho sperimentato: che chiamare al telefono l’ufficio accettazione della sua clinica è un’impresa più ardua che mettersi in comunicazione col Padreterno; e che, cosa più grave, il fatto che, dopo già un anno che sono in attesa, la lista degli operandi sia oggi ancora ferma al giugno del 2012, ha un significato paradossale e crudele del tutto opposto alla concezione umanistica che dovrebbe ispirare la medicina e l'intera convivenza sociale. Le responsabilità sono tante (politiche, amministrative, ecc.): chi lo nega? Ma se lei avesse consapevolezza di questo,  non avrebbe mostrato la sicurezza soddisfatta che io ho visto in lei. Se lei avesse semplicemente detto, con un po’ di prudenza,  che, nelle condizioni date, lei fa del suo meglio, io le avrei creduto senz’altro.
Sull’assistenza sanitaria negli Stati Uniti, citati da lei, e in altri paesi d’Europa, ho trovato in internet informazioni che fanno sfigurare il nostro sistema sanitario.
Non sono il primo a sostenere che non è la mancanza di soldi la causa dei nostri guai, ma piuttosto il fatto che i soldi, in ogni settore del sistema e ad ogni livello di responsabilità, vengono spesi male. Per es., ai tempi in cui non c’era ancora il ticket e i farmaci erano pagati per intero dallo Stato, il pediatra che curava le mie figlie,  avendo  sempre una grande fretta professionale, prescriveva ogni volta una montagna di medicine, prevedendo ogni possibile decorso della malattia. Le medicine scadevano tranquillamente e finivano al macero.     
Concludo dicendo che i medici, in generale, hanno questo difetto:  al di là della loro specializzazione (che si spera sempre che sia reale e seria, ma che in ogni caso dà loro un ruolo di grande rilievo nella società), hanno una cultura troppo limitata e parziale, cioè hanno interessi troppo circoscritti e corporativi;  su questa cultura monca si sviluppa uno spirito di casta che incrina il loro sentimento di solidarietà e di responsabilità sociale.
Cordiali saluti.

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