lunedì 6 gennaio 2014

Favole di Fedro: vili e prepotenti cornacchie e farfalle crepuscolari.



Leggo qualche favola di Fedro. Oltre al realismo dell'eterna lotta fra il lupo e l'agnello, vi trovo la rappresentazione esatta dell'animo che hanno i leccapiedi e i parassiti della società moderna (politica e amministrazione, giornali e televisione, asili e università, turismo e spettacolo, agricoltura e foreste...).
Una odiosa cornacchia tormenta una pecora, che protesta mitemente: "Se tu facessi questo a un cane zannuto, lo pagheresti a caro prezzo".
E la malvagia cornacchia: 
"Io disprezzo i deboli, ma cedo ai forti. So chi sfidare e chi lusingare falsamente. Così prolungo la mia vecchiaia di mille anni". 
Ma ciò che mi ha davvero sorpreso di Fedro è la grande bellezza di molti versi.
Per esempio, di questo sospiro di una farfalla (En cuncta levitas putris et volito cinis).
Una farfalla incontra una vespa. La farfalla si sente nata da grandi uomini, oratori in tempo di pace e valorosi condottieri in guerra (c'era allora la credenza che gli insetti nascessero per generazione spontanea dai corpi putrefatti), e si meraviglia che un animale sgradevole come la vespa, nata probabilmente da una bestia da soma, sia più forte e indipendente di lei. Questa constatazione porta la farfalla a rammaricarsi della propria condizione presente.
"Ecco tutto quel che sono: leggerezza polverosa e cenere che svolazza" (En cuncta levitas putris et volito cinis).




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