Per definizione, i
giornalisti vivono di cose effimere. Però quelli che hanno il coraggio e la
capacità di raccontare la realtà quotidiana con spirito libero, possono ancora,
pur recando un sassolino al giorno, costruire una interpretazione dei fatti che
acquisti col tempo il valore di un monumento storico.
Ma quanti sono costoro? Io ne
conosco appena tre o quattro, relegati in piccoli spazi remoti, dove bisogna
andare a cercarli, e so che fanno vita abbastanza grama, almeno a paragone degli altri giornalisti, soddisfatti e ben pasciuti, che lavorano nei grandi
giornali, nelle colorate riviste settimanali e in televisione.
Questi sembrano piuttosto
degli arroganti trombettieri che non degli irrequieti indagatori. Questi signori
dell’effimero, per poter essere sempre all’altezza dell’oggi e di ciò che, nel
variare incessante delle vicende umane, i loro potenti padroni
costantemente chiedono loro, non
hanno scrupoli a dimenticare bruscamente, senza mai pentirsi né fare
ammenda, ciò che avevano detto ieri, per sostenere oggi cose diverse e perfino
opposte. Confidano nella eccezionale smemoratezza dei lettori.
Se i politici scrivono le
loro promesse sull’acqua, i giornalisti scrivono le loro parole nel vento.
Scrivono, cioè, le loro banalità ora solenni, ora accorate, ma sempre con la gravità di un senatore romano (come, per anni, ha fatto, per esempio,
Eugenio Scalfari), e il vento subito, per loro fortuna, se le porta via.
L’indomani sono di nuovo pronti, per favorire gli interessi che rappresentano,
a fare, con animo sempre vergine e tranquillo,
altri discorsi, altre analisi, altri sarcasmi, che finiranno anch'essi rapidamente nel dimenticatoio, per lasciar posto ad aggiustamenti, integrazioni, marce indietro, cambi di rotta, che essi eseguiranno con convinzione, senza fare mai autocritica, perché, da uomini mediocri quali sono, vogliono sembrare sempre autorevoli e sicuri di sé.
Ora, a pochissimi giorni dalla grande vittoria elettorale di Beppe Grillo, dopo anni di sarcasmi e di insulti, il giornale la Repubblica, in un breve e pomposo editoriale intitolato ‘Responsabilità’ scritto dal direttore Ezio Mauro, esorta Grillo, fino a ieri definito ‘pagliaccio’ e 'arcitaliano del peggio', a sostenere un governo Bersani, ammonendolo che, in caso contrario, sarebbe un irresponsabile, perché punterebbe ‘sul tanto peggio per trarne un possibile vantaggio elettorale’ .
Ora, a pochissimi giorni dalla grande vittoria elettorale di Beppe Grillo, dopo anni di sarcasmi e di insulti, il giornale la Repubblica, in un breve e pomposo editoriale intitolato ‘Responsabilità’ scritto dal direttore Ezio Mauro, esorta Grillo, fino a ieri definito ‘pagliaccio’ e 'arcitaliano del peggio', a sostenere un governo Bersani, ammonendolo che, in caso contrario, sarebbe un irresponsabile, perché punterebbe ‘sul tanto peggio per trarne un possibile vantaggio elettorale’ .
L’analisi di Ezio Mauro è di
una sorprendente disinvoltura e vacuità.
“…per la prima volta in Parlamento è possibile una
maggioranza che approvi due misure che sono mancate alla nostra democrazia: una
vera legge sul conflitto d’interessi… e una vera legge contro la corruzione… In
passato il Pd non è stato lineare su questi temi [Ezio Mauro ammette un fatto gravissimo con una espressione blanda e generica che equivale a una assoluzione]. La presenza dei grillini ha
già fatto cambiare passo al partito di Bersani [Il gioco di Mauro è davvero puerile]. Bene.
Ora tocca a Grillo…”.
Queste di Repubblica sono, al solito, parole
scritte nel vento, ma esse dicono ciò
che, per gli interessi che il giornale rappresenta, è importante dire oggi: che se non si farà un governo di
centro-sinistra, la colpa sarà tutta di Beppe Grillo.
Nessun commento:
Posta un commento