Ho
dedicato due post a Curzio Maltese (19 agosto e 14 ottobre 2011), e l’ho citato
qualche altra volta parlando di ‘Repubblica’, il suo giornale.
Il
personaggio non è interessante e non meriterebbe tanta attenzione. E’ privo di cultura,
di talento e perfino di diligenza nello svolgere i compiti propagandistici che la Direzione gli assegna.
Nella
sua rubrica sul Venerdì di Repubblica, che s’intitola, con spavalderia, ‘Contromano’, mentre potrebbe più
giustamente intitolarsi ‘Ocolingo’
(chi ha letto Orwell capirà), lui prende uno slogan politicamente corretto, espressione cioè del conformismo 'democratico' del suo giornale, e ci imbastisce intorno un discorsetto generico
per renderlo simpatico e digeribile. Il suo lavoro consiste nel dare un rilievo enfatico a idee
non sue, come fa, più o meno, il catechista di una
parrocchia con le definizioni date da Padri della Chiesa, teologi e concilii ecumenici.
Questo
giornalista, che fa sempre il saputo, scrive oltre tutto in un modo sciatto che
considero offensivo.
Per
es., sul Venerdì del 31 agosto scorso, n. 1276, a proposito di una polemica
giornalistica fra Scalfari e Zagrebelsky, Maltese osserva, con l'aria di un competente: “Il confronto ha avuto, fra gli altri meriti, quello di elevare di
molto il tono del confronto”. Viene il dubbio che Curzio Maltese non abbia terminato la scuola
elementare o che scriva i suoi articoli mentre si aggiusta la barba davanti allo specchio e dimentichi poi di
rileggerli.
Ma
queste sono quisquilie (ne ho indicate alcune altre nei miei post precedenti).
Le cose gravi dei suoi articoli sono, piuttosto, i continui attacchi a Beppe
Grillo, portati in modo meccanico, senza uno straccio di
argomento (Maltese non è in grado di argomentare), e con abbondanza di insulti, di bugie e di frasi fatte.
Nel
n. 1283, del 19 ottobre scorso, questo fustigatore dei costumi, rimprovera all’opposizione di centro-sinistra, e a D’Alema in particolare, la debolezza e
la condiscendenza dimostrate verso Berlusconi. Ma questa critica innocua e rituale alla
Casta serve solo, furbescamente, a far sembrare più credibile l'attacco finale a Beppe
Grillo, che, della nostra indifendibile classe politica, è un avversario vero, efficace e implacabile. “Come alla fine del fascismo, manca
nell’opinione pubblica un’autentica riflessione sul recente passato", pontifica Curzio Maltese. "Siamo già
pronti a credere ad altre favole. Grillo ha successo perché assolve di fatto il
berlusconismo da ogni colpa e punta il dito contro l’euro, l’Europa e i soliti
complotti della finanza demoplutogiudaica, sempre di moda in Italia”.
Le
librerie sono piene di opere scritte da studiosi veri che mettono sotto
accusa l’Europa dei banchieri e lo strapotere di
finanzieri speculatori che ricattano governi e parlamenti, ma Curzio Maltese non vede e non sente, non si accorge di niente. I complotti denunciati da Grillo e da tanti altri sarebbero i ‘soliti complotti, demoplutogiudaici sempre
di moda in Italia!’. (In quest'ultimo aggettivo c'è il punto più alto della malafede, perché mette sullo stesso piano gli slogan del ventennio fascista e le analisi di chi oggi si oppone alla potenza delle banche). Il povero Maltese, come una Cassandra inascoltata, conclude sconsolato affratellandosi arbitrariamente al vecchio e amareggiato Indro
Montanelli, tirato in ballo all'inizio del suo articolo, (“Non è servito a nulla, caro Indro”), come se i due avessero qualcosa in comune.
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