martedì 3 luglio 2012

Jacques Mallet du Pan, un testimone della Rivoluzione francese, descritto da Hippolyte Taine. 1^ puntata.



Tempo fa lessi un sintetico giudizio dello storico Franco Venturi, sulla incompiutezza della Rivoluzione francese, che mi lasciò di stucco. Egli sosteneva, più o meno, che per realizzare gli ideali rivoluzionari sarebbe stata necessaria una sovranità più forte e duratura dei giacobini, e che fu una disgrazia il rovesciamento del loro governo nel luglio del 1794. Eppure Franco Venturi è morto, ottantenne, meno di vent’anni fa e ha fatto in tempo a vedere il fallimento delle speranze di tutte le rivoluzioni.
Ciclicamente arriva un momento di particolare crisi, di decadimento e decrepitezza economica e sociale, di disgregazione culturale e morale,  in cui il giudizio storico sulle origini di questo caos nasce spontaneamente, diventa senso comune, alimentato e giustificato dall’esperienza quotidiana di milioni di persone. Non sembra una prova di lucidità e di coraggio rimanere trincerati, in questi momenti drammatici, dietro testi e discorsi di filosofi e politici illustri, perché l’evidenza della realtà li ha travolti e spesso ridicolizzati.
Io sono stato un comunista convinto e abbastanza fanatico. Cominciai, però, a ricredermi (lentamente, verso la metà degli anni Sessanta; e poi velocemente, negli anni Settanta) quando mi impegnai in una attività politica nell’ambiente di lavoro. Benché quella attività fosse molto elementare e il mio ruolo in essa fosse davvero semplicissimo (ne ho parlato in un’altra parte di questo blog), potei, tuttavia, rendermi conto che le idee generali che guidavano la nostra intera azione erano astratte, piovevano dall’alto di un olimpo burocratico, e si erano ormai consolidate in atteggiamenti irrazionali che ignoravano di proposito la realtà vera. Entrai presto in conflitto con i miei compagni e colleghi, che mi sembravano dei settari pieni di pregiudizi e incapaci di umana sensibilità e comprensione.
Tutta la mia ricerca culturale e morale, modesta ma anche molto personale, è partita da quella frattura, che con gli anni non ha fatto altro che allargarsi.
Non avendo maestri, ho trovato dei libri importanti da leggere solo seguendo il mio istinto e con l’aiuto del caso. E’ stato un procedimento vitale e abbastanza divertente, ma molto lento.
Appena qualche anno fa, ho avuto dal caso un aiuto tardivo ma essenziale.
Mia moglie, che ama le parole crociate, mi chiese: “Chi ha scritto ‘Le origini della Francia contemporanea’?”.
Io non conoscevo quest’opera, ma ricordavo vagamente il nome di Taine. Non sapevo nemmeno di che cosa trattasse in particolare, ma dissi a mia moglie: “Mi piacerebbe leggerla”. In internet scoprii che aveva più di tremila pagine. “Non è un libro per te”, mi canzonò lei. “I libri così grossi li cominci, ma non li finisci”. Sfidato con tanto sarcasmo, mi impegnai a leggere i tre volumi del Taine e provai, già dalle prime pagine, un grandissimo piacere. Le qualità di scrittore di Taine e il suo acume di storico e di psicologo mi lasciarono sbalordito. La sua critica acuta e attuale del giacobinismo trovava in me un terreno fertile, preparato dalle lunghe e deludenti esperienze fatte con i moderni giacobini. (Incidentalmente, noto che Benedetto Croce ha criticato con sufficienza questo capolavoro, lui che non ne ha scritto nessuno. La prosa di Croce, tra l’altro, sta alla prosa di Taine, come una statua, bella e regolare, sia pure, ma pesante e inevitabilmente immobile, sta al corpo elastico, vigoroso e scattante di un atleta vivo).
In ‘Le origini della Francia contemporanea’, Taine cita spesso Jacques Mallet du Pan (1749-1800), un giornalista che seguì la Rivoluzione da vicino. Le osservazioni di Mallet du Pan mi sono sembrate così assennate, realistiche e sensibili, che ho voluto leggere un’ampia raccolta di suoi articoli e lettere.
In una successiva raccolta di lettere, pubblicata anch'essa nella seconda metà dell’Ottocento, Hippolyte Taine scrive, come prefazione, un lungo e bel profilo biografico di Mallet du Pan. 
Siccome penso a lui con gratitudine, ne riporto alcuni brani. 
“Quattro osservatori, comincia Taine, hanno, sin dall’inizio compreso il carattere e la portata della Rivoluzione francese: Rivarol, Malouet, il governatore Morris e Mallet du Pan; quest’ultimo più profondamente degli altri. Inoltre, cosa che i primi tre non hanno fatto, Mallet ha descritto, commentato, giudicato la Rivoluzione dall’inizio alla fine. Dal 1789 al 1800, le sue analisi e previsioni si succedono di semestre in semestre, di mese in mese e spesso di settimana in settimana. Se ci basiamo sui documenti originali, scopriamo che le sue analisi sono sempre esatte; se seguiamo il corso degli avvenimenti, constatiamo che le sue previsioni sono quasi sempre vere: fra tante persone cieche, accecate o miopi, Mallet continua a veder chiaro e a grande distanza. In questo egli è unico: non c’è nulla di più raro in ogni tempo, e soprattutto in quel tempo di rivoluzione, della competenza politica. Per un singolare concorso di circostanze, Mallet aveva una competenza politica autentica e profonda.
[...] A questa competenza che si può acquisire, aggiungete in Mallet du Pan un talento che non si acquista, la facoltà di vedere le anime.
[...] Questo talento esige un tipo d’immaginazione particolare, una capacità divinatoria simile a quella del romanziere e dello scrittore drammatico, del critico e dello storico, ma più circospetta e più sicura, più flessibile e più ampia.
[...] Una intelligenza abbastanza vasta da potersi rappresentare i sentimenti più diversi ed estremi, un tatto abbastanza fine per apprezzarne l’intensità e la profondità: questo si chiama senso politico, che Mallet possedeva in misura superiore.
[...] Sui personaggi importanti della Convenzione e del Direttorio, su Danton e Robespierre, sui principali termidoriani, egli ha solo informazioni incomplete, a volte inesatte, non ha frequentato di persona gli uomini di cui parla, li vede da lontano. Del resto Mallet presta loro poca attenzione; sa che la loro iniziativa ha un’importanza mediocre, che non sono essi che guidano ma sono trascinati. Sono dei nuotatori sul punto di annegare; fondamentale è invece capire la direzione e la velocità della corrente. Ma sulle Assemblee, sui partiti e sulle folle, i suoi giudizi sono esatti e penetranti; su questi argomenti, io, rifacendo il suo lavoro, non l’ho mai trovato in errore.
     (continua al post successivo)

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