E’ morto Giuseppe Bertolucci, regista di “Berlinguer ti voglio bene”, unico film in cui Benigni mi sia sembrato un vero e grande attore comico.
I film diretti e interpretati da Benigni negli
anni successivi, così goffi e velleitari, sono piaciuti solo al
pubblico (sterminato ma anche mistificato) del giornale la Repubblica e alla sua squadra di commmentatori invertebrati.
Questo Benigni che parla
sempre, con una enfasi insopportabile, di bellezza e di amore a me provoca un vero fastidio fisico. Se fosse un ammiratore sincero
della bellezza, dovrebbe anche indignarsi per la superiore e crescente bruttezza che ci opprime. Ma leggendo le sue parole e guardando la sua faccia nelle foto di giornale, viene da pensare che Benigni sia
soltanto soddisfatto di sé e dell'immediato mondo che lo circonda, e che tutti gli altri sentimenti siano di maniera.
Probabilmente prova la meravigliosa e inesauribile sorpresa di essere miracolosamente diventato, senza grandi capacità, popolare, ricco e celebrato.
La sua gioia è inversamente proporzionale al suo talento.
Che poi, nonostante la sua vocetta molle e appiccicosa, si sia messo a recitare i "forti e rudi versi danteschi" (B. Croce), scritti in una "lingua metallica e pura, sensuale e dura come il marmo" (Stefan Zweig), riscuotendo il consenso universale, è un altro miracolo dell'universale imbonimento a cui siamo sottoposti.
Probabilmente prova la meravigliosa e inesauribile sorpresa di essere miracolosamente diventato, senza grandi capacità, popolare, ricco e celebrato.
La sua gioia è inversamente proporzionale al suo talento.
Che poi, nonostante la sua vocetta molle e appiccicosa, si sia messo a recitare i "forti e rudi versi danteschi" (B. Croce), scritti in una "lingua metallica e pura, sensuale e dura come il marmo" (Stefan Zweig), riscuotendo il consenso universale, è un altro miracolo dell'universale imbonimento a cui siamo sottoposti.
Qualche giorno fa Benigni ha partecipato in diretta video alla festa del giornale la
Repubblica a Bologna e ha rivolto al presidente del consiglio Mario Monti
questa domanda: “Mario, ce la facciamo?”
Anche se Benigni ci ha ormai
abituati a queste uscite sciroppose, molti, o pochi, di noi (il numero non è importante) provano
sempre una sensazione di impazienza e di nausea. E' un tradimento della verità e di ogni sentimento di solidarietà sociale voler far credere che Mario Monti, con il suo aspetto freddo di impresario di pompe funebri, e gli italiani colpiti e spaventati dalla crisi appartengano alla stessa comunità, che stiano sulla stessa
barca.
Nessun commento:
Posta un commento