martedì 31 gennaio 2012

Carlo Grabher, "Anton Cechov". Roma, Istituto per l'Europa orientale - Torino, Slavia, 1929. 3^ e ultima parte.

Un equilibrio perfetto raccoglie, in una calma inattesa, il mondo tormentato di Cechov; e questo equilibrio è la serenità tragica che l’artista ha acquistata attraverso una sofferenza lungamente maturata, attraverso una ferrea consapevolezza dell’ineluttabilità del dolore e attraverso la luce di una accorata compassione per gli uomini. La calma e la precisione dell’arte di Cechov non hanno nulla a che fare con l’impassibilità dello scienziato, ma sono una luminosa conquista di passione e di dolore, eternata nella limpidezza purificatrice dell’arte (pp. 69-70). Nella sua opera noi vediamo la grigia vita di tutti i giorni, ma l’artista ha fatto brillare dalle cose più comuni una profonda essenza lirica (p. 71). Una particolarità di tutta l’arte cechoviana è la tendenza a ridurre al minimo il valore e l’importanza dei personaggi come caratteri, per creare invece il tono psicologico, lo stato d’animo (p. 84). In Cechov un certo studio dei caratteri, dei tipi in sé e per sé si profila nei racconti umoristici, nei lavori in un atto e qua e là negli altri drammi. Ma spesso anche qui, piuttosto che mirare esclusivamente alla costruzione di figure dalla fisionomia inconfondibile, egli delinea la loro sostanza di scorcio, con un atteggiamento, con poche frasi rivelatrici. Leggendo le novelle e i drammi di Cechov, noi ci troviamo un po’ come dinanzi ad un caleidoscopio: ogni figurina rappresenta la posa di un attimo, ognuna ha qualcosa di suo, un suo piccolo tesoro di comicità o di dolore, ma bisogna vederle idealmente tutte insieme per poter abbracciare quel senso unitario della vita, di cui ognuna di esse ha un riflesso, e che costituisce la visione cechoviana. I personaggi di Gogol, per esempio, hanno fisionomie inconfondibili, mentre le figure cechoviane ci si presentano con il peso del loro tormento interiore, ma quasi senza volto, come tante facce di un unico dramma, di cui è impossibile fissare il protagonista (p. 85). I personaggi di Cechov appaiono tutti in balìa di stati d’animo, ma dal frammentarismo della loro anima l’artista riesce quasi sempre, nel breve respiro della novella e in alcuni dei suoi drammi migliori, a ricavare un pieno ed armonico accordo. Anzi, spesso, in Cechov vediamo aumentare la potenza della sintesi quanto più l’umanità gli appare frammentaria: quella visione pessimistica, universale, totalitaria (per cui i singoli personaggi non riescono a trovare il filo conduttore della loro vita) fa trovare però a Cechov il proprio filo conduttore di artista, grazie al quale riesce a raccogliere in una potente unità la cieca dispersione dei sentimenti degli uomini (p. 98). 

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Nota del 1 marzo 2012. Questa mattina sono andato alla libreria antiquaria ‘Chiari’, in Borgo Allegri, per cercare la Divina Commedia con il commento di Carlo Grabher. Appena entrato, mi dirigo verso una impiegata, ma, ancor prima di poter fare la mia richiesta, vedo che sulla sua scrivania c’è un libro: l’Inferno di Dante con il commento di Carlo Grabher. Non solo. Sul frontespizio del libro c’è una dedica autografa di Grabher a Francesco Maggini, filologo e dantista, nato nel 1886 e morto nel 1964: “Col più grato e affettuoso ricordo”. Sono sorpreso per questa coincidenza e commosso per la dedica delicata e la scrittura dell'autore.

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