Su Vito Mancuso ho scritto un commento non molto tempo fa. Purtroppo le pagine Facebook traboccano dei suoi pensieri, ed io posso superare lo choc che mi provocano solo commentandoli. I due passi che seguono mi hanno causato una seria allergia.DISPOSIZIONE INTERIORE
"Il secondo risultato del lavoro interiore a custodia del nostro vuoto è la libertà. In particolare, la forma più preziosa di libertà: quella da se stessi. Tale libertà si manifesta nel comprendere che i nostri problemi hanno la loro radice per la gran parte dentro di noi, e non fuori di noi, come invece è portata d’istinto a pensare la mente ordinaria per la quale è sempre «colpa degli altri». A tale acquisizione però è possibile arrivare solo a patto di essere in grado di distaccarsi da sé e di oggettivarsi, facendo nascere in sé una sorta di dualità: da un lato un io soggetto che vede, dall’altro un io oggetto che è visto. Ed è esattamente in questo distacco di sé da sé che consiste la disposizione che io denomino libertà interiore".
IL LAVORO INTERIORE
«Se è vero, come osservava Pascal, che tutta l’infelicità degli uomini deriva dal non sapersene restare tranquilli in una camera, allora è altrettanto vero che la via della felicità consiste nell’imparare a starsene tranquilli nella propria camera. Ovviamente nella propria camera come avveniva nel passato, senza cellulare, computer, TV e altri dispositivi che trasportano la mente in giro per il mondo o peggio il più delle volte nella mente degli altri. Saper stare tranquilli in questo modo nell’autentica solitudine non è però per nulla facile e richiede un lavoro, quel tipo di lavoro su di sé che io chiamo lavoro interiore e che consiste in un intreccio di educazione spirituale, di analisi psicologica, di studio rigoroso e di disciplina etica. Il suo fine è l’adempimento del precetto delfico: «Conosci te stesso». O anche di quest’altra aurea massima dell’antica sapienza classica: «Dimostra di sapere chi sei». Il lavoro interiore ci mette in condizione di dimostrare a noi stessi chi siamo veramente, di conoscere qual è il nostro vero desiderio, di individuare la nostra passione dominante, di scoprire il nostro tesoro più prezioso».
Esiste da sempre dentro di noi un io che osserva l'altro io che agisce, e questa cosa si chiama semplicemente 'coscienza'. Ma a Mancuso piace arzigogolare per sembrare un filosofo vero. Fatto salvo il peso condizionante della Natura, considero una stupidaggine per niente originale questa sua affermazione: "Tale libertà si manifesta nel comprendere che i nostri problemi hanno la loro radice per la gran parte dentro di noi, e non fuori di noi, come invece è portata d’istinto a pensare la mente ordinaria per la quale è sempre «colpa degli altri". Questa è una interpretazione psicoanalitica che può reggere solo tra divani e poltrone di un salotto. Applicata alla vasta realtà in cui siamo immersi e che noi stessi costituiamo, si rivela come un antico e subdolo tentativo di nascondere coloro che ci opprimono.
Mancuso vende aria fritta. Il generico lavoro interiore che lui propone è un diversivo per non dire che oggi la nostra vera tragica condizione è di essere sommersi da valanghe di notizie false, che finiscono con il falsare la nostra intera vita, esteriore e interiore. Il nostro vero compito, che non è poi soltanto interiore, è di smascherare i falsari che ci avvelenano, al servizio dei Poteri Occulti e/o Costituiti, e di cercare la verità dei fatti. Senza la verità dei fatti, ricostruita con senso critico, il 'mondo interiore' che piace a Mancuso è solo una informe palude. Pascal qui non c'entra niente e viene tirato in ballo unicamente per puntellare un ragionamento che non sta in piedi.
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