Il Fatto Quotidiano del 26 giugno ha dedicato una
intera pagina a Milena Gabanelli, che rispondeva a domande sull'immigrazione
dall'Africa e sulla politica di Matteo Salvini. Dopo aver recitato per tutta
l'intervista più o meno la solita litania dei "buonisti", proprio
alla fine, nelle ultime sette righe, la Gabanelli, in un lampo di sincerità, fa
questa fosca previsione: "Finora in Africa abbiamo sostenuto classi
dirigenti corrotte. L'Europa intera diventerà una polveriera se non si capisce
in fretta che lo sviluppo del continente africano è l'unica strada
percorribile".
Mi pare tuttavia che Milena Gabanelli non sia del tutto sincera, ma che dica
solo una mezza verità. Infatti lei pone come unica condizione perché l’Europa
non diventi una polveriera, che i paesi europei comprendano al più presto la
necessità di avviare un processo di sviluppo dell’Africa.
Ora, questa condizione, pur essendo la più giusta sul piano della politica teorica
o accademica e sul piano della giustizia storica, quanto a realizzabilità
pratica mi sembra la più astratta e campata in aria. Un problema così grande,
creato da una politica imperialista di almeno due secoli, richiede una unità
d’intenti che non c’è, dei cambiamenti
d’indirizzo governativo che non ci sono e dei tempi adeguatamente lunghi,
che pure mancano. In pratica che cosa si fa
per evitare che l’Europa diventi una polveriera? Quasi niente: ogni
paese si difende come può: un po’ con la forza, scaricando sugli altri il peso
dei migranti, un po’ cercando per via diplomatica di distribuirli equamente fra
tutti i paesi della comunità. Ma anche questo tentativo, se pure avesse
successo, nel giro di pochi anni porterebbe allo stesso risultato esplosivo, se
il flusso di migranti non cessa. La Gabanelli si sottrae alla responsabilità di
affermare il diritto alla legittima difesa contro una invasione che è, sì, pacifica,
ma dagli effetti in prospettiva catastrofici. Il principio della legittima
difesa, però, resta presente, direi per forza di logica, nella sua astratta
dichiarazione, che dice, sì, molto, ma, nello stesso tempo, troppo poco. Agli
ideologi della solidarietà illimitata vorrei contrapporre non il sentimento irrazionale
della paura, ma il realismo di chi difende se stesso.
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