sabato 7 aprile 2018

Massimo Cacciari: intervista al Fatto Quotidiano del 6 aprile.

Massimo Cacciari è un intellettuale che casca sempre in piedi (su di lui ha scritto un divertente pamphlet Raffaele Liucci, "Il politico della domenica"). Come filosofo, è così indecifrabile che non lo capisce nessuno, nemmeno gli altri filosofi (vedi "Contro il filosofese", di Massimo Baldini). Credo che solo la soaveggiante Lilli Gruber lo presenti sempre nella sua trasmissione con questo titolo spropositato, come se fare il filosofo fosse un mestiere. In ogni caso, anche se Cacciari fosse un filosofo, non piacerebbe a Seneca, che sui filosofi onnipresenti in cerca di popolarità ha scritto parole aspre: "Quid enim turpius philosophia captante clamores?" (Che cosa c'è di più vergognoso di una filosofia che cerca l'applauso?). Come politico, invece, Cacciari parla terra terra, come se stesse dal barbiere o a prendere il sole ai giardinetti. Però si aggiorna ed è sempre al passo coi tempi, come un orologio automatico. Dopo aver sostenuto la riforma costituzionale di Renzi e aver vantato le sue grandi virtù carismatiche (prima della sconfitta al referendum, in televisione ripeteva continuamente: "Però c'è Renzi! c'è Renzi!!"), oggi finalmente, con facile disinvoltura, trova che il PD non ha una classe dirigente, ecc. ecc. Da anni lo si incontra dappertutto e in ogni intervento ha l'audacia di borbottare, con aria scoraggiata per l'incomprensione altrui, che le cose che dice, lui le dice da trent'anni. Più che Cassandra, Frate Indovino.

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