Piero Sarti Fantoni è un docente
universitario in pensione, oggi ottantenne. Quando aveva sette anni, nel 1944,
il 10 aprile, suo padre e suo zio furono trucidati dai tedeschi, assieme ad
altri cinque uomini, a Morlione, località nel comune di Vaglia, a nord di
Firenze. Quella strage è ricordata oggi dal bellissimo monumento creato da
Marcello Fantoni, famoso scultore e ceramista, fratello adottivo del professor
Piero. Questi, rimasto orfano, fu infatti adottato dalla famiglia Fantoni,
Renato e Beatrice.
Il professor Piero ha passato anni della
sua vita a raccogliere documenti perché le istituzioni ricordassero l’eccidio
di Morlione e per promuovere il processo agli ufficiali tedeschi che lo avevano
ordinato: Erich Koepope, Helmut Odenwald, Karl Friedrich Mess. Il processo si
tenne a Verona nel 2011.
Assieme al culto della verità e della giustizia, il professor Piero ha mantenuto vivi
nel corso di tutta la sua vita l’affetto, la gratitudine e l’ammirazione per i
genitori adottivi.
Renato Fantoni (1894-1954) fu un intellettuale
antifascista e un partigiano liberale; nel dopoguerra, fu assessore alla casa,
a Firenze, nella prima giunta comunale guidata dal sindaco Gaetano Pieraccini.
A lui è intitolata una strada della città. Negli anni recenti, grazie all’azione
del professor Piero, che ha ritrovato nel proprio archivio un importante
documento, si è conosciuto un altro aspetto della personalità generosa ed
eroica di Renato Fantoni e della moglie Beatrice. Durante l’occupazione
tedesca, avevano dato ospitalità in casa loro all’ebreo Eugenio Artom, che in
seguito sarebbe diventato un personaggio noto della politica nazionale, a sua moglie
Giuliana Treves e al maggiordomo Amedeo.
Il documento ritrovato è una bellissima lettera, della quale ho potuto leggere il commovente autografo, scritta da Giuliana Treves a Renato Fantoni il 26 febbraio 1951:
“Caro
Fantoni, nella tremenda affannosa estate del ’44 vi prodigavate tutti, cara
famiglia Fantoni, per le tante imprese avventate ed eroiche, per le tante
stringenti necessità quotidiane, per dar soccorso aiuto e incoraggiamento a
tanti, che non so se vi siete resi conto, nel generoso calore della vostra
umanità, che alla moglie del vostro amico Eugenio che conoscevate appena e che
gli eventi degli ultimi anni avevano immerso in uno scoramento totale senza
luce, la vostra accoglienza così immediata, affettuosa e senza riserve, oltre
alla salvezza materiale ha ridato, col vostro esempio, anche la fede nella
fratellanza umana. Per questo m’è rimasto e sempre rimarrà nel cuore l’immagine
soave del dolce viso pallido dal sorriso luminoso della signora Bice, e questo
ricordo commosso e grato in eterno lo voglio ripetere oggi”.
Nel settembre 2016, lo Yad Vashem (Ente
nazionale per la memoria della Shoah) ha attribuito la medaglia dei giusti fra
le nazioni a Renato e alla moglie Beatrice, “i quali, durante il periodo dell’Olocausto
in Europa, hanno messo a rischio la propria vita per salvare ebrei perseguitati”.
Il 30 marzo scorso, nella Sinagoga di
Firenze, la medaglia è stata consegnata al figlio Piero.
1 commento:
Molto commovente! Il monumento peró non mi piace
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