Il giornalista
Cesare Lanza, persona anziana e navigata, ha scritto ieri su La Verità, nella
sua rubrica ‘La scommessa’, parole sorprendentemente dolcissime su Vittorio
Sgarbi.
“Sgarbi possiede
straordinarie qualità culturali, è coraggioso, non ha paura di niente e di
nessuno, è generoso, polemico, ironico, un affabulatore sempre capace di
incantare il pubblico, un trascinatore”.
Secondo Lanza,
“nel nostro paese bigotto i benpensanti non apprezzano la capacità di urlare
‘capra, capra!’ e ridicolizzare qualsiasi avversario”, che è il modo abituale che
ha Sgarbi di condurre le discussioni.
Nel finale Lanza
si esalta: “Sono andato a Roma ad ascoltare la sua conferenza per la
presentazione del suo ultimo libro: una meraviglia! Senza gli eccessi
televisivi, ecco il miglior ministro della cultura possibile”.
L'attribuzione a Sgarbi di qualità così strabilianti rientra nel campo dei
gusti, delle esigenze e preferenze personali; perciò io non ce l’ho con Cesare
Lanza, che mi sembra sincero, anche se dimostra di non essere poi così navigato
come dovrebbe essere uno scrittore che, scommettendo quotidianamente sulle proprie
previsioni giornalistiche, dà a credere di saper guardare un po’ oltre le
apparenze.
L’unico vero
errore che Lanza commette è di non capire che senza quegli ‘eccessi
televisivi’, Sgarbi non esisterebbe come attrazione spettacolare e personaggio immaginario
di primo piano. Senza la televisione, Sgarbi sarebbe un mediocre funzionario di
Soprintendenza o un insegnante di scuola media. O forse potrebbe anche occupare
una cattedra universitaria, benché non abbia più pubblicato nulla di
scientifico dopo il 1980, cioè da quando aveva solo 28 anni ed era da poco
laureato (fonte: lo storico dell’arte Tomaso Montanari). Anche l’università, purtroppo, è cambiata negli
ultimi decenni e si è molto allargata.
Entrando un poco nel dettaglio, la presunta vis
polemica di Sgarbi, che suscita tanta ammirazione, non è ispirata da nessun
autentico e coerente senso critico (sia in campo artistico che culturale o politico), ma serve solo, di volta in volta e capricciosamente, allo
spettacolo televisivo, così com’è venuto degenerando. Io la considero semplice
litigiosità, più o meno furbesca e artificiosa.
Quanto al
coraggio, in Sgarbi c’è più l’ostentazione del coraggio che non coraggio vero.
Ci vuole coraggio
per parlar male di Angelino Alfano? Nessun altro ministro suscita sorrisi di
compatimento o di indulgente comprensione come lui. Ci vuole coraggio per dire
che Renzi si è circondato di collaboratori mediocri? Una affermazione del
genere, più che per criticare, sembra fatta per far risaltare le qualità del
capo. A Renzi, poi, Sgarbi va sollecitamente incontro, dopo la sconfitta al
referendum del 4 dicembre scorso, assicurandogli che il 40% dei voti presi dal
perdente fronte del Sì è un patrimonio tutto suo ed è una potente forza
elettorale a sua completa disposizione. Di Renzi, infine, Sgarbi loda la politica, e
soprattutto le intenzioni e gli sforzi. “Purtroppo, dice questo geniale
tuttologo, Renzi è stato bloccato dall’economia”. Capito? Il capo del governo
era buono e forse ottimo, ma l’economia, cattiva, lo ha bloccato. Qui si rivela
la vera e unica qualità di Sgarbi: lo scilinguagnolo di un illusionista che gioca
con le parole come con le tre carte.
Tomaso Montanari è
stato più severo e lo ha definito un “modesto imbonitore”.
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