venerdì 3 febbraio 2017

Vittorio Sgarbi, un eroe inventato dalla televisione.


Il giornalista Cesare Lanza, persona anziana e navigata, ha scritto ieri su La Verità, nella sua rubrica ‘La scommessa’, parole sorprendentemente dolcissime su Vittorio Sgarbi.
“Sgarbi possiede straordinarie qualità culturali, è coraggioso, non ha paura di niente e di nessuno, è generoso, polemico, ironico, un affabulatore sempre capace di incantare il pubblico, un trascinatore”.
Secondo Lanza, “nel nostro paese bigotto i benpensanti non apprezzano la capacità di urlare ‘capra, capra!’ e ridicolizzare qualsiasi avversario”, che è il modo abituale che ha Sgarbi di condurre le discussioni.
Nel finale Lanza si esalta: “Sono andato a Roma ad ascoltare la sua conferenza per la presentazione del suo ultimo libro: una meraviglia! Senza gli eccessi televisivi, ecco il miglior ministro della cultura possibile”.
L'attribuzione a Sgarbi di qualità così strabilianti rientra nel campo dei gusti, delle esigenze e preferenze personali; perciò io non ce l’ho con Cesare Lanza, che mi sembra sincero, anche se dimostra di non essere poi così navigato come dovrebbe essere uno scrittore che, scommettendo quotidianamente sulle proprie previsioni giornalistiche, dà a credere di saper guardare un po’ oltre le apparenze.
L’unico vero errore che Lanza commette è di non capire che senza quegli ‘eccessi televisivi’, Sgarbi non esisterebbe come attrazione spettacolare e personaggio immaginario di primo piano. Senza la televisione, Sgarbi sarebbe un mediocre funzionario di Soprintendenza o un insegnante di scuola media. O forse potrebbe anche occupare una cattedra universitaria, benché non abbia più pubblicato nulla di scientifico dopo il 1980, cioè da quando aveva solo 28 anni ed era da poco laureato (fonte: lo storico dell’arte Tomaso Montanari). Anche  l’università, purtroppo, è cambiata negli ultimi decenni e si è molto allargata.
Entrando un poco nel dettaglio, la presunta vis polemica di Sgarbi, che suscita tanta ammirazione, non è ispirata da nessun autentico e coerente senso critico (sia in campo artistico che culturale o politico), ma serve solo, di volta in volta e capricciosamente, allo spettacolo televisivo, così com’è venuto degenerando. Io la considero semplice litigiosità, più o meno furbesca e artificiosa.  
Quanto al coraggio, in Sgarbi c’è più l’ostentazione del coraggio che non coraggio vero.
Ci vuole coraggio per parlar male di Angelino Alfano? Nessun altro ministro suscita sorrisi di compatimento o di indulgente comprensione come lui. Ci vuole coraggio per dire che Renzi si è circondato di collaboratori mediocri? Una affermazione del genere, più che per criticare, sembra fatta per far risaltare le qualità del capo. A Renzi, poi, Sgarbi va sollecitamente incontro, dopo la sconfitta al referendum del 4 dicembre scorso, assicurandogli che il 40% dei voti presi dal perdente fronte del Sì è un patrimonio tutto suo ed è una potente forza elettorale a sua completa disposizione. Di Renzi, infine, Sgarbi loda la politica, e soprattutto le intenzioni e gli sforzi. “Purtroppo, dice questo geniale tuttologo, Renzi è stato bloccato dall’economia”. Capito? Il capo del governo era buono e forse ottimo, ma l’economia, cattiva, lo ha bloccato. Qui si rivela la vera e unica qualità di Sgarbi: lo scilinguagnolo di un illusionista che gioca con le parole  come con le tre carte.
Tomaso Montanari è stato più severo e lo ha definito un “modesto imbonitore”.

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