lunedì 29 agosto 2016

Battaglie e trasmigrazioni di popoli. Citazioni da Ammiano Marcellino (ca. 332 - dopo 391), Le Storie. A cura di Antonio Selem. UTET, 2013. 1^ Parte.



L’opera di Ammiano Marcellino è molto avvincente. Parla di guerre, di battaglie, di intrighi e di supplizi.  Dei maggiori protagonisti descrive le gesta, i vizi e le virtù e la morte drammatica.
Ammiano conclude la sua opera con queste parole modeste e fiere:
“Ho esposto questi avvenimenti nei limiti delle mie forze, come può farlo un vecchio soldato e un Greco, né ho mai osato (almeno così credo), tacendo o mentendo, affermare coscientemente il falso in un’opera che ha per fine la verità”.
Essendo meno che un dilettante, non posso pronunciarmi sulla veridicità di tutte le cose che racconta, posso soltanto dire che in generale l’ho trovato convincente, acuto e serio.
Mi sembra sinceramente ispirato quando invoca “l’eterno vigore della Giustizia, che alle volte esamina lentamente, ma scrupolosamente le azioni rette o ingiuste”.
Con preoccupazione e sarcasmo si dilunga, altrove, per quattro o cinque pagine a distinguere le varie categorie di avvocati, sempre molto avidi e ambiziosi.
Un tempo “fiorivano i tribunali grazie alle orazioni di difesa ,  improntate all’antica eleganza, quando gli oratori, dotati di vivace eloquenza ed intenti agli studi filosofici, si affermavano per ingegno e lealtà”. Quando doveva parlare Demostene, accorrevano ad ascoltarlo da tutta la Grecia. Oggi, invece, scrive Ammiano, fra i vari tipi di avvocato, abbiamo “coloro che, professando la scienza del giure, sebbene sia stata distrutta dalle contraddizioni reciproche fra le leggi, tacciono come se avessero la museruola e per il continuo silenzio sono simili alle proprie ombre”. Osservazione, questa, particolarmente acuta e nel corrente XXI secolo di scottante attualità.
Altri oratori “sono talmente ignoranti da non ricordarsi nemmeno d’aver mai avuto per le mani il codice delle leggi. Se in un gruppo di dotti si menziona un antico scrittore, credono si tratti del nome straniero di un pesce o di un cibo”.
Il racconto degli ultimi istanti di vita dell’imperatore Valentiniano, colpito da apoplessia, è impressionante per il suo realismo tutto fisico, asciutto e modernissimo.
Queste sono le ultime righe di una descrizione lunga quasi una intera pagina:
“Si rese conto, oppresso com’era dalla violenza del male, che erano giunti i momenti estremi fissatigli dal fato e tentò di parlare o di dare qualche disposizione, come risultava dal singulto che gli scuoteva i fianchi, dallo stridore dei denti e dal movimento delle braccia che sembravano lottare con i cesti. Ma, ormai vinto dal male e cosparso di macchie livide, spirò dopo una lunga lotta con la morte all’età di cinquantacinque anni”.
Impressionante è anche il realismo delle descrizioni di battaglie, di cui riporto solo un esempio minimo:
“I fanti rimasero scoperti in gruppi così stipati gli uni sugli altri, che difficilmente potevano sguainare le spade o tirare indietro le braccia”.

          (continua al post successivo)

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