L’opera di Ammiano Marcellino è molto avvincente.
Parla di guerre, di battaglie, di intrighi e di supplizi. Dei maggiori protagonisti descrive le gesta, i
vizi e le virtù e la morte drammatica.
Ammiano
conclude la sua opera con queste parole modeste e fiere:
“Ho esposto questi avvenimenti
nei limiti delle mie forze, come può farlo un vecchio soldato e un Greco, né ho
mai osato (almeno così credo), tacendo o mentendo, affermare coscientemente il
falso in un’opera che ha per fine la verità”.
Essendo
meno che un dilettante, non posso pronunciarmi sulla veridicità di tutte le
cose che racconta, posso soltanto dire che in generale l’ho trovato
convincente, acuto e serio.
Mi
sembra sinceramente ispirato quando invoca “l’eterno
vigore della Giustizia, che alle volte esamina lentamente, ma scrupolosamente
le azioni rette o ingiuste”.
Con preoccupazione e sarcasmo si dilunga, altrove, per
quattro o cinque pagine a distinguere
le varie categorie di avvocati, sempre molto avidi e ambiziosi.
Un tempo
“fiorivano i tribunali grazie alle
orazioni di difesa , improntate all’antica
eleganza, quando gli oratori, dotati di vivace eloquenza ed intenti agli studi
filosofici, si affermavano per ingegno e lealtà”. Quando doveva parlare
Demostene, accorrevano ad ascoltarlo da tutta la Grecia. Oggi, invece, scrive
Ammiano, fra i vari tipi di avvocato, abbiamo “coloro che, professando la scienza del giure, sebbene sia stata
distrutta dalle contraddizioni reciproche fra le leggi, tacciono come se
avessero la museruola e per il continuo silenzio sono simili alle proprie ombre”.
Osservazione, questa, particolarmente acuta e nel corrente XXI
secolo di scottante attualità.
Altri
oratori “sono talmente ignoranti da non
ricordarsi nemmeno d’aver mai avuto per le mani il codice delle leggi. Se in un
gruppo di dotti si menziona un antico scrittore, credono si tratti del nome
straniero di un pesce o di un cibo”.
Il
racconto degli ultimi istanti di vita dell’imperatore Valentiniano, colpito da
apoplessia, è impressionante per il suo realismo tutto fisico, asciutto e
modernissimo.
Queste sono
le ultime righe di una descrizione lunga quasi una intera pagina:
“Si rese conto, oppresso com’era
dalla violenza del male, che erano giunti i momenti estremi fissatigli dal fato
e tentò di parlare o di dare qualche disposizione, come risultava dal singulto
che gli scuoteva i fianchi, dallo stridore dei denti e dal movimento delle
braccia che sembravano lottare con i cesti. Ma, ormai vinto dal male e cosparso
di macchie livide, spirò dopo una lunga lotta con la morte all’età di
cinquantacinque anni”.
Impressionante
è anche il realismo delle descrizioni di battaglie, di cui riporto solo un esempio
minimo:
“I fanti rimasero scoperti in
gruppi così stipati gli uni sugli altri, che difficilmente potevano sguainare
le spade o tirare indietro le braccia”.
(continua al post
successivo)
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