lunedì 8 agosto 2016

Ammiano Marcellino (ca. 332 - dopo 391), Le Storie. A cura di Antonio Selem. UTET, 2013.



Arrivato al libro 27, capitolo 3, paragrafo 5 di questa lunga e avvincente opera, faccio un balzo sulla sedia per il piacere di trovare delle espressioni così icastiche e moderne.
Siamo nel 364 d. C. e lo scrittore, la cui attenzione è rivolta a quasi tutto il mondo romano, dalla Gallia fino alla Persia e all’Armenia, dedica una paginetta alla situazione  della città di Roma.
Prefetto dell’Urbe è Simmaco “il quale dev’essere annoverato fra i maggiori esempi di dottrina e di moderazione [...] A costui succedette nella prefettura della città Lampadio che precedentemente era stato prefetto del pretorio; egli si sdegnava se non era lodato anche quando sputava, come se anche questa azione compisse con maggiore abilità degli altri".
"Sarà sufficiente" aggiunge Ammiano "menzionare questo solo esempio della sua vanità, certamente di poca importanza, ma tale da dover essere evitato dagli alti funzionari. In tutti i quartieri della città, che erano stati abbelliti a spese di vari sovrani, faceva scrivere il suo nome, non come restauratore di antichi monumenti, ma come loro costruttore”.

Sarà forse solo una vaga impressione, ma questo Lampadio ricorda qualcuno che gli italiani di oggi conoscono bene...

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