venerdì 2 ottobre 2020

Nina Lugovskaja, Il diario di Nina. Frassinelli, 2006.

Non mi era mai capitato di leggere un libro provando per l'autore, oltre all'ammirazione per le qualità artistiche e intellettuali, una così affettuosa simpatia e un così vivo sentimento di stupore per la sua ricca personalità, come ho provato adesso per questo libro di Nina Lugovskaja.

Nina cominciò a scrivere il diario quando aveva tredici anni, negli anni Trenta, e si interruppe bruscamente nel gennaio del 1937, quando, appena diciottenne, fu arrestata dalla polizia segreta sovietica. Scontò cinque anni di carcere. E' morta nel 1993. Il diario, sequestrato dalla polizia all’epoca dell’arresto, è stato ritrovato in anni recenti, dopo la morte dell’autrice.

Mi pare che i critici attribuiscano il valore del diario soprattutto alla chiarezza con cui questa scolara già a tredici anni ha saputo squarciare il velo della retorica comunista e giudicare con disgusto e severità la realtà della vita sovietica, i suoi politici e funzionari. Ma l’opera di Nina è più profonda e complessa dei suoi penetranti giudizi politici. Questi sono soltanto una manifestazione parziale della sua grande sensibilità e del suo mondo morale. La ragazza è estremamente sincera e onesta e, soprattutto, profondamente e drammaticamente acuta. La sua chiaroveggenza politica è solo una conseguenza di sentimenti che illuminano tutti gli aspetti della sua vita. Le analisi e le descrizioni dei suoi oscillanti rapporti con i compagni e le compagne di scuola, che costituiscono la materia del suo racconto, sono condotte con una tale precisione di linguaggio, con un interesse psicologico e sentimentale così appassionato, e una conoscenza così sicura di ogni stato d'animo, che ogni situazione acquista la dignità e l'intensità di un dramma. Ma Nina, mi pare, non manca di senso dell'umorismo, e spesso anche una circostanza che per lei è fonte di pena diventa una piccola commedia piuttosto divertente. Le descrizioni delle facce, piene di dettagli  sensuali (anche la faccia da servo crudele del preside), rivelano la sensibilità estetica della pittrice che Nina diventerà dopo la sua liberazione ma, insieme, la serietà di una vita morale piena di fervore. Alcuni ampi ritratti sono talmente acuti che hanno (forse involontariamente) un esito umoristico e mi hanno fatto pensare a Dickens.

L’amore per la natura e i bei paesaggi, la pena per chi lavora senza speranza, la coscienza infelice della sua condizione di donna, la solidarietà verso la mamma, l'estraneità verso le sorelle maggiori, invidiate per la facilità con la quale riescono in ogni cosa ma disprezzate per la superficialità e il conformismo....  sono i sentimenti che alimentano una prosa avvincente, precisa e originalissima.

Nina, arrestata a diciotto anni come ‘nemico del popolo’, miracolosamente sopravvissuta ai campi del Gulag, ora ha forse, anche se del tutto casualmente, un risarcimento per le sue ambizioni stroncate. Però non posso fare a meno di chiedermi anche quale sia stato il destino dei suoi compagni di scuola, così amati e così odiati: le ragazze, un po’ oche ma affascinanti, e i ragazzi, sempre interessanti e spesso bellissimi e geniali.

 


 

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