sabato 1 agosto 2020

Guy de Maupassant, Forte come la morte. Biblioteca universale Rizzoli, 1950.



Olivier Bertin, pittore di successo, ha per amante, da dodici anni, la contessa Any de Guilleroy. Lui ha forse cinquant’anni; “i capelli bianchi, folti e corti, ravvivavano l’occhio nero sotto le folte sopracciglia grige. I baffi forti, da vecchio soldato, si erano mantenuti quasi bruni e conferivano alla figura un raro carattere di energia e di fierezza”. Olivier non è solo un bell’uomo di mondo, ma è anche una persona intelligente e colta. La contessa, “non più molto giovane, ma ancora bella, non molto alta, un poco forte, ma fresca, con quel fulgore che dà alla carne di quarant’anni un sapore di maturità, pareva una di quelle rose che sbocciano indefinitamente, sino a che, troppo fiorite, cadono in un’ora”. Il loro amore è autentico. Nel pittore lo slancio iniziale si è attenuato, ma è rimasto un grande affetto, un vivo attaccamento, una sincera stima. L’amore della contessa è diventato sempre più profondo, comprensivo e consapevole.

All’improvviso, torna a Parigi, dopo alcuni anni passati in campagna, la figlia diciottenne della contessa, Annette. E’ bellissima, assomiglia alla madre da giovane. Il pittore è molto turbato e in modo quasi inconsapevole (perché sente il peso della vecchiaia incombente) finisce con l’innamorarsene, soffrendo per l’irraggiungibilità di questa incantevole fanciulla, geloso di tutti gli uomini e di tutte le cose (fiori e animali) che possono attirare la sua attenzione e il suo interesse.

La madre della ragazza, indovina che il suo amante si è innamorato della figlia, e anzi è lei stessa che rivela al pittore la verità sui suoi reali sentimenti.

Anche la contessa sente dolorosamente che la bellezza posseduta in gioventù è svanita e soffre molto per la paura di perdere l’amore di Olivier. La crisi del pittore, aggravata dalla sensazione di sentirsi superato anche sul piano artistico, diventa patologica e, girovagando senza meta, di sera, per le strade di Parigi, finisce, o si butta, sotto le ruote di una carrozza.

La storia non mi ha avvinto né come racconto realistico né come allegoria. Mi è sembrata troppo strana e cerebrale; e le lunghe analisi psicologiche mi sono parse magari esatte, ma faticose e simili a vuote esercitazioni. Ma il valore del romanzo non è qui. Il racconto iniziale di come il pittore e la contessa sono diventati amanti (35 pagine) è un piccolo capolavoro: descrizioni d’ambiente precise e concise, tocchi poetici di vero erotismo, caratteri rappresentati in modo plastico e convincente.

Poi ci sono le eleganti conversazioni insulse fra persone di mondo durante le cene aristocratiche animate dal signor Musadieu, ex direttore dei musei imperiali, un bazar ambulante di erudizione, che “portava di salotto in salotto, di giorno e di sera, la sua illuminata attività inutile e loquace”. Di lui Olivier Bertin diceva: “E’ l’enciclopedia di Giulio Verne rilegata in pelle d’asino”. Fra gli altri, commensali molto ambiti erano il barone e la baronessa di Corbelle. Erano giovani, il barone calvo e grasso, la baronessa snella, elegante, molto scura di capelli... Di piccola nobiltà, senza importanza, senza spirito, mossi in ogni atto da uno smoderato amore per le cose scelte, ‘per bene’ e distinte, erano di un conformismo assoluto ed esprimevano unicamente idee approvate in società. Solo Olivier Bertin sa dire cose originali, incontrando però l’incomprensione degli altri. Si sforza di “dimostrare come l’intelligenza delle persone mondane, anche delle più colte, sia senza valore, senza nutrimento e senza peso, come le loro credenze abbiano un povero fondamento, la loro attenzione per le cose dello spirito sia debole e indifferente, i loro gusti incostanti e incerti”.

Qui pare proprio che gli uomini di mondo di cui parla con acume e sarcasmo Maupassant non siano diversi dai politici e intellettuali che affollano oggi i dibattiti televisivi, dai tipi come Cacciari, Carofiglio, Veltroni, Travaglio, Mughini e cento altri. Maupassant rincara la dose, facendo continuare Olivier Bertin. “Dimostrò come nulla in loro sia profondo, ardente, sincero, che la loro cultura intellettuale è nulla, e la loro erudizione una semplice verniciatura; le persone di mondo rimangono insomma manichini, che danno l’illusione e fanno gesti da esseri eccezionali, mentre non lo sono... Queste persone vivono vicino ad ogni cosa, senza vedere nulla e senza penetrare nulla; vivono accanto alla bellezza del mondo, o alla bellezza dell’arte, della quale parlano senza mai averla scoperta, e persino senza credervi... Sono incapaci di legarsi a una cosa sino al punto di amare unicamente quella, di interessarsi a nulla sino al punto di essere illuminate dalla felicità di capire”.

Accanto agli uomini di mondo, che hanno velleità culturali, ci sono i nobili del Circolo, che invece parlano solo di donne: il marchese di Rocdiane, il banchiere Liverdy, il conte di Landa. Bertin incontra questi amici del Circolo anche al bagno turco, dove essi si aggirano seminudi come lottatori romani, fieri dei loro petti e delle grosse braccia. Questo bagno turco sembra un inferno, una ulteriore degradazione della normale vita quotidiana, di cui già il Circolo rappresentava un peggioramento.

Le descrizioni di paesaggio sono rare; e, quando cominciano le ossessioni e le allucinazioni di Olivier Bertin e della sua amante, sembrano un prolungamento di quei turbamenti.

“Lungo i boulevards era una fitta pioggia di grandi foglie gialle che cadevano con un rumore secco e lieve. Cadevano, a perdita d’occhio, da un capo all’altro dei larghi viali tra le facciate delle case, come se tutti i picciòli fossero stati separati dai rami dal taglio di una sottile lama di ghiaccio...”.

La scena conclusiva, dove il pittore morente è assistito dalla contessa de Guilleroy, riacquista un grande pathos e una grande verità umana che esaltano la forza e la generosità della donna.

“Ella levò di tasca il fazzoletto, si coprì gli occhi, e si mise a piangere dirottamente... Egli le disse con quella voce senza timbro che ora aveva: ‘Non piangete, mi fa troppo male’. Con una fortissima tensione della volontà, ella cessò di singhiozzare, si scoprì gli occhi, e li tenne aperti su di lui, senza che un’increspatura le muovesse il viso, sul quale le lacrime continuavano a scorrere lentamente”.

Grande e commovente Maupassant!



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