Pierre e Jean Roland sono due fratelli molto diversi sia nel fisico che nel carattere. Pierre ha una trentina d’anni, è medico. Jean, più giovane di cinque anni, è avvocato. I due giovani, di famiglia modesta, devono ancora cominciare la loro attività professionale. Ma arriva inaspettatamente un colpo di fortuna. Muore Léon Maréchal, un vecchio amico dei genitori del tempo in cui vivevano a Parigi, che lascia a Jean il suo patrimonio, sufficiente a renderlo ricco. Questa eredità al solo fratello minore acuisce in modo patologico la gelosia che Pierre ha sempre provato per Jean. Egli comincia ad arrovellarsi sul perché M. Maréchal, che pure riceveva nella sua casa con la stessa affabilità entrambi i fratelli quando erano studenti a Parigi, abbia preferito proprio Jean, pur avendo conosciuto prima Pierre bambino, a cui si dimostrava molto affezionato.
L'ossatura del romanzo è nei lunghi e dolorosi ragionamenti di Pierre, nella disperata ricerca di indizi e nelle sue inesorabili deduzioni, che lo fanno sembrare, per buona parte, un ossessivo libro giallo. Pierre si convince che sua madre è stata l’amante di M. Maréchal e che Jean è figlio di questa relazione. I rapporti familiari si guastano. La madre, Louise, una donna dolce e affettuosa di quarantotto anni, sente fisso su di sé lo sguardo accusatore del figlio, che pure aveva per lei una predilezione, e ne trema di paura.
Alla fine, la madre, sentendosi scoperta, confessa la sua
colpa a Jean, e anzi la rivendica come l’unica gioia della sua vita. Proprio qui, nel racconto di Louise, mi pare che sia il cuore
del romanzo, il suo vero centro.
“... mio piccolo Jean, devi dire a te stesso che se io
sono stata l’amante del tuo vero padre, sono stata a maggior ragione sua
moglie, la sua moglie vera, e che nel fondo del cuore non me ne vergogno
affatto, che io non mi pento di nulla, che io lo amo ancora anche se è morto,
che l’amerò sempre, che ho amato solo lui, che lui è stato tutta la mia vita,
tutta la mia gioia, la mia speranza, la mia consolazione, tutto, tutto, tutto
per me, per così tanto tempo [...] Non avrei avuto niente di buono nella mia
vita, se non avessi incontrato lui, niente di niente, non una parola tenera,
non una parola dolce, nessuno di quei momenti che ci fanno tanto rammaricare di
diventar vecchi, nulla! Io gli devo tutto. Ho avuto solo lui al mondo...”. E' solo questa figura di donna dolce e coraggiosa che dà anima al romanzo.
“Ah! dice con rimpianto profondo. Come avrei potuto
essere felice, se avessi sposato un altro uomo!”.
E commenta: “La vita è crudele! Se si trova una volta un po’ di felicità e ci si abbandona, si diventa colpevoli e più tardi si paga per questo un caro prezzo”.
Le figurette di contorno sono descritte con acuto e malizioso umorismo e, a volte, con qualche venatura di sarcasmo per la mediocrità ordinata o pretenziosa da borghesucci. Ma in Maupassant c’è anche la pietà per i poveri e i sofferenti.
Pierre, imbarcato come medico di bordo su una nave diretta in America, scende nella classe inferiore dove sono alloggiati gli emigranti. “Allora, in una specie di oscuro e basso sotterraneo, simile a una galleria di miniera, Pierre vide centinaia di uomini, di donne e bambini distesi su tavolacci sovrapposti oppure ammassati sul pavimento. Non distingueva i visi, ma vedeva vagamente quella folla sordida coperta di stracci, quella massa di miserabili vinti dalla vita, sfiniti, schiacciati, in partenza con una moglie smagrita e dei bambini estenuati verso una terra sconosciuta, dove speravano, forse, di non morire di fame. E a Pierre, che nonostante il rodimento della gelosia non è un uomo meschino, si stringe il cuore per la pietà.
.
Nessun commento:
Posta un commento