sabato 2 maggio 2020

Robert Louis Stevenson, L'isola del tesoro. Panorama: I capolavori della letteratura, 2002.


Che dire di questo libro noiosissimo? Che mi avrebbe annoiato anche se lo avessi letto a 13 anni. La trama è avventurosa e piena di fascino, ma il romanzo è scritto senza ispirazione, per freddo proposito. Le descrizioni sono troppe e troppo aride e minuziose. Quelle che con teminologia marinaresca vogliono spiegare tutti i movimenti della nave sono prolisse e complicate, impossibili da seguire; le descrizioni dell’isola del tesoro e della sua vegetazione sono senza calore. Tutto è piatto. Le azioni sono prive di drammaticità, i personaggi sono figurine senza spessore. Solo il pirata Long John Silver ha un modesto rilievo. E’ stupefacente che qualche critico l'abbia considerato, “come romanzo d’avventura, secondo solo all’Odissea e a Le avventure di Tom Sawyer” (pag. IX). Un giudizio che nasce da una bella confusione di opere! Probabilmente la fama del libro in tempi moderni è dovuta alle edizioni ridotte e illustrate per ragazzi e soprattutto al cinema, che con bei paesaggi e bravi attori può compensare ampiamente tutte le deficienze del libro. Nella noiosa introduzione Emma Letley dà, in 26 pagine, tante notizie bibliografiche più o meno supeflue, analizza virgole e parole, ma, salvo un cenno di passaggio alla "vivace scrittura di Stevenson e le sue magistrali descrizioni di personaggi e avvenimenti", non  offre nessuna valutazione estetica del romanzo. Rimane il dubbio se questo modo di fare critica sia vacuo per eccesso di analisi e conseguente difficoltà di vedere l'opera nel suo insieme, oppure se l'attenzione burocratica ai dettagli dipenda dalla mancanza di animo e di passione letteraria.

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