Rabouilleuse è colei che agita
l’acqua (rabouiller) di un fiumiciattolo per favorire la cattura dei gamberi.
Il romanzo in italiano è noto con il titolo “Casa di scapolo”.
La trama è questa.
Agathe Bridau, vedova di un
alto funzionario governativo, vive a Parigi e ha due figli: il prestante
Philippe, già colonnello di Napoleone, e ora senza una carriera sotto la
Restaurazione, e il goffo e poco avvenente Joseph, uomo sensibile e pittore
geniale, unicamente devoto alla propria arte. Agathe è una donna candida e
pura, però limitata, e non comprende la grandezza d’animo e d’intelletto di Joseph. Ammira,
invece, e preferisce il primo figlio, che gli appare glorioso per il suo
passato militare. Invece egli si rivela un fanfarone vizioso capace di meschini
furti, sia domestici che sul lavoro. La madre, però, lo giustifica sempre,
anche quando i suoi colpevoli errori riducono la famiglia in povertà. Alla fine
della prima parte del romanzo, Philippe finisce in galera per avere partecipato
a una congiura contro il governo.
Agathe torna per un breve
periodo con il figlio Joseph a Issoudun, suo paese d’origine. Lì vive il debole
e timidissimo fratello maggiore, Jean-Jacques Rouget, anziano scapolo, a cui il
padre ha lasciato l’intero patrimonio. Costui è innamorato e completamente
dominato da Flore Brazier (la Rabouilleuse), che era stata accolta in casa dal
dottor Rouget, padre di Agathe e di Jean-Jacques, quando, bellissima e
poverissima fanciulla, la incontrò un giorno mentre agitava l’acqua del fiume
per la pesca dei gamberetti. La Rabouilleuse, diventata una donna avida e senza
scrupoli, con moine e minacce di abbandono si è fatta nominare erede
dell’anziano padrone e lo ha addirittura costretto ad accogliere in casa il
proprio amante, Max Gilet, un altro ex bonapartista, bello, coraggioso e
spietato.
Agathe e Joseph, come legittimi
eredi, aspirano a sottrarre il loro inebetito parente al dominio di Flore e del
suo amante, ma, ingenui e leali come sono, vengono presto sconfitti dagli
intrighi della malefica coppia e costretti a tornare a Parigi.
Nel frattempo, l’ex colonnello
Philippe Bridau, processato a Parigi per cospirazione, è condannato a cinque
anni di residenza forzata, ma riesce a scegliere la sede del proprio soggiorno:
Issoudun. La sua abilità diplomatica, la capacità di intrigo, il sangue freddo
e il coraggio sbaragliano la coppia Flore Brazier-Max Gilet. Philippe diventa
ricchissimo, si mette a servizio del nuovo governo, viene addirittura creato
conte. Ma la sua sfrenata ambizione non è sorretta da una tempra adeguata. Rovinato
dall’alta finanza, che è la vera nuova
potenza della società, va a combattere in Algeria, dove muore in modo
ignominioso, detestato dai suoi soldati.
Nei pochi anni in cui è stato
in auge, Philippe ha dimostrato un cinismo così volgare e una così grande
aridità di affetti che sua madre Agathe ne è morta di crepacuore.
La storia di questa famiglia,
intrecciata con altre storie a cui partecipano tanti personaggi minori, forma
un romanzo compatto e avvincente, dove la vita sembra svilupparsi in modo
spontaneo, naturale e necessario. Il realismo di Balzac sa rappresentare le azioni
dei personaggi con colori drammatici, patetici, comici e anche con lampi di
grandezza e quasi di santità. Accanto a delle scene che fanno pensare a
Molière, ce ne sono altre che hanno l’intensità spirituale di Pascal.
Per esempio, quando Joseph, il pittore, si
trova accanto alla vecchia Madame Hochon, che è stata oppressa per tutta la
vita dall’avarizia e dall’aridità del marito, le "chiede ingenuamente con quella gaia spensieratezza che non abbandona mai gli artisti francesi, ‘Ma come avete fatto a sopravvivere?’. ‘Ah! E’ stato semplice, risponde lei. Ho pregato’.
Joseph ha un soprassalto ascoltando quella parola, che aumenta a tal punto la
grandezza morale della anziana donna che egli indietreggia di tre passi per
osservare la sua persona; la trova radiosa, piena di una serenità così dolce
che le dice: ‘Farò il vostro ritratto’ ".
Ma Madame Hochon risponde quasi
con allegria queste tristi parole: ‘No, no, mi sono annoiata troppo sulla terra
per desiderare di restarvi anche solo dipinta!’.
Il duello mortale fra Philippe
Bridau e Max Gilet, amante e complice della Rabouilleuse, è la conclusione di
una rivalità di interessi e di un odio fisico che, sotto parole fredde e
cortesi, si vanno gonfiando di atteggiamenti, occhiate e saluti sprezzanti. A
questo scontro partecipa tutta la cittadinanza di Issoudun, e Philippe Bridau, con
qualità di diplomatico capace di grandi intrighi e con un coraggio disperato, riesce
a diventare il suo eroe. Questa è la parte più avventurosa del romanzo, che si
segue con ansia come una vicenda di cappa e spada. Il Philippe di Issoudun è un
uomo cinico e senza scrupoli, però è un uomo notevole, pronto a morire. Il Philippe
del periodo precedente a Issoudun è invece un miserabile vigliacco di corta intelligenza, e quello
successivo, dopo che è diventato un uomo ricco, sembra un mostro senza
necessità.
Bixiou, un amico di famiglia,
va a trovare Philippe, ora conte di Brambourg, nel suo lussuoso palazzo per
chiedergli di far visita alla madre morente, e lui risponde: “Eh, ma che
diavolo vuoi che ci vada a fare? L’unico favore che quella brava donna mi possa
fare è di crepare il più presto possibile, perché farebbe una ben triste figura
al mio matrimonio con mademoiselle de Soulanges. Meno parenti avrò intorno,
migliore sarà la mia posizione. Tu capisci bene che io vorrei seppellire il
nome di Bridau sotto tutti i monumenti funerari del Père-Lachaise!”.
Questa uscita mi sembra
esagerata e gratuita. Il Philippe di Issoudun avrebbe saputo evitarla, per puro
calcolo, con un minimo di ipocrisia.
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