La Repubblica di ieri, venerdì 7 giugno, ha
pubblicato una intervista con Rossana
Rossanda, giornalista e donna politica,
protagonista nel 1969 della scissione dal
Partito comunista del gruppo del Mani-
festo. Fu una scissione, quella, che allo-
ra, benché limitata, apparve un evento di
portata storica e che invece si rivelò pre-
sto inefficace e senza conseguenze.
Ma per parecchi anni Rossana Rossanda,
con quel nome fiammeggiante, la bellez-
za di donna ancora giovane e con i suoi
interessanti e difficili articoli densi di
cultura, fu un personaggio molto seguito
e ammirato.
L’accompagnava la fama di coraggiosa,
affascinante e intelligentissima eretica.
Sentii parlare per la prima volta di lei nel
1965, pochi mesi dopo la morte di Palmi-
ro Togliatti. La Rossanda, che era respon-
sabile della Commissione culturale del
Partito, aveva pubblicato sul settimanale
Rinascita un articolo che fece scalpore,
perché aveva osato criticare l’infallibile
segretario generale, e definire pre-nove-
centeschi la sua cultura e il suo gusto e-
stetico.
1965, pochi mesi dopo la morte di Palmi-
ro Togliatti. La Rossanda, che era respon-
sabile della Commissione culturale del
Partito, aveva pubblicato sul settimanale
Rinascita un articolo che fece scalpore,
perché aveva osato criticare l’infallibile
segretario generale, e definire pre-nove-
centeschi la sua cultura e il suo gusto e-
stetico.
Oggi, a 89 anni suonati, dopo un doloroso
ictus, è ricoverata temporaneamente in una
clinica del Canton Ticino. Ma è lucida e
tagliente come sempre, con una aggiunta di
grande amarezza sia per la sua condizione
esistenziale che per le prospettive politiche
generali.
ictus, è ricoverata temporaneamente in una
clinica del Canton Ticino. Ma è lucida e
tagliente come sempre, con una aggiunta di
grande amarezza sia per la sua condizione
esistenziale che per le prospettive politiche
generali.
Tuttavia nulla di quello che lei dice mi
con-
vince.
Le sue osservazioni di carattere politico mi
sembrano, anzi, scolastiche, e quelle sulla
bruttezza della vecchiaia sorprendentemente
mediocri e prive di ogni luce di spiritualità
(non occorre essere credenti per essere spi-
rituali).
Mi pare che anche in questa ultima intervista
Rossanda confermi di essere una intellettuale
orgogliosamente ferma e chiusa nelle sue
convinzioni dottrinarie. Perciò la sua amarezza non
mi commuove.
vince.
Le sue osservazioni di carattere politico mi
sembrano, anzi, scolastiche, e quelle sulla
bruttezza della vecchiaia sorprendentemente
mediocri e prive di ogni luce di spiritualità
(non occorre essere credenti per essere spi-
rituali).
Mi pare che anche in questa ultima intervista
Rossanda confermi di essere una intellettuale
orgogliosamente ferma e chiusa nelle sue
convinzioni dottrinarie. Perciò la sua amarezza non
mi commuove.
La malattia
e la solitudine sono sempre brutte, e
"è stato un grande secolo, cosa che l’attuale
non ha l’aria di essere. Abbiamo vissuto una
storia terribile, ma una grande storia. Ora
siamo nelle storielle”. Eppure poche righe
prima aveva detto [è l’intervistatrice che sin-
tetizza]: Il mondo le appare più ingiusto che
mai, tra privilegio e povertà, sfruttatori e
sfruttati…”Non c’è mai stata tanta inegua-
glianza nella storia” [parole testuali di R. R.].
possono essere terribili a qualsiasi età. Ma
bisogna essere dei materialisti insensibili per
pensare che la degnità della vita dipenda
completamente dalla salute del corpo (“Ora provo
cosa vuol dire avere mezzo corpo, ed è terribile.
Il corpo è integro, o non è. Non si è un po’ para-
lizzati, un po’ malati. Lo si è completamente”).
bisogna essere dei materialisti insensibili per
pensare che la degnità della vita dipenda
completamente dalla salute del corpo (“Ora provo
cosa vuol dire avere mezzo corpo, ed è terribile.
Il corpo è integro, o non è. Non si è un po’ para-
lizzati, un po’ malati. Lo si è completamente”).
La vita della Rossanda si è svolta evidentemente
(suppongo con relativa agiatezza e facilità e gran-
de consapevolezza fisica di se stessa) tutta al di so-
pra delle cose concrete, dei fatti materiali, con una
leggerezza resa possibile da un corpo sano e bello;
e anche la sua mente coltivata deve essersi esercita-
ta solo in questo ambito (“Oggi vivo nel presente,
ma non è più il mio, essendone venuti a mancare gli
elementi costitutivi… Prima potevo dire: domani
vado a Berlino o salgo in montagna. Ora non lo
posso dire più”).
Parlando della storia del Novecento, dice che (suppongo con relativa agiatezza e facilità e gran-
de consapevolezza fisica di se stessa) tutta al di so-
pra delle cose concrete, dei fatti materiali, con una
leggerezza resa possibile da un corpo sano e bello;
e anche la sua mente coltivata deve essersi esercita-
ta solo in questo ambito (“Oggi vivo nel presente,
ma non è più il mio, essendone venuti a mancare gli
elementi costitutivi… Prima potevo dire: domani
vado a Berlino o salgo in montagna. Ora non lo
posso dire più”).
"è stato un grande secolo, cosa che l’attuale
non ha l’aria di essere. Abbiamo vissuto una
storia terribile, ma una grande storia. Ora
siamo nelle storielle”. Eppure poche righe
prima aveva detto [è l’intervistatrice che sin-
tetizza]: Il mondo le appare più ingiusto che
mai, tra privilegio e povertà, sfruttatori e
sfruttati…”Non c’è mai stata tanta inegua-
glianza nella storia” [parole testuali di R. R.].
Se è così, dove sono le storielle? La globaliz-
zazione con i suoi effetti devastanti, il potere
occulto e incontrollabile della finanza interna-
zionale, la migrazione di milioni di poveri
verso i paesi più ricchi, le guerre in corso e
quelle che si preparano, la capillare e martel-
lante opera di mistificazione per spappolare
ogni nucleo di convinzioni fondate sulla
realtà, non sono storielle. Certo, se la Ros-
sanda si riferisse solo ai protagonisti della
vita politica, avrebbe ragione da vendere.
Ma proprio la ridicola statura intellettuale
e morale (e aggiungerei la bruttezza fisica)
di questi personaggi rende ancora più
drammatico ed esasperante il tempo presente.
zazione con i suoi effetti devastanti, il potere
occulto e incontrollabile della finanza interna-
zionale, la migrazione di milioni di poveri
verso i paesi più ricchi, le guerre in corso e
quelle che si preparano, la capillare e martel-
lante opera di mistificazione per spappolare
ogni nucleo di convinzioni fondate sulla
realtà, non sono storielle. Certo, se la Ros-
sanda si riferisse solo ai protagonisti della
vita politica, avrebbe ragione da vendere.
Ma proprio la ridicola statura intellettuale
e morale (e aggiungerei la bruttezza fisica)
di questi personaggi rende ancora più
drammatico ed esasperante il tempo presente.
Ma poi mi sembra privo di significato
riven-
dicare la grandezza del Novecento contro la
piccolezza del secolo attuale. E l’Ottocento
non è stato un grande secolo? E il Settecen-
to? E il Seicento? E il Cinquecento? Tutti
secoli grandissimi.
dicare la grandezza del Novecento contro la
piccolezza del secolo attuale. E l’Ottocento
non è stato un grande secolo? E il Settecen-
to? E il Seicento? E il Cinquecento? Tutti
secoli grandissimi.
La frase di Rossanda “Ma sento il bisogno
di chiedere un ritorno al conflitto di classe”
mi sembra, fra altre che tralascio, partico-
larmente scolastica, perché è inadeguata e
probabilmente anacronistica. I conflitti
in corso e quelli che stanno maturando
hanno un orizzonte più ampio e vanno
oltre i protagonisti dello storico conflitto
di classe. Ma questa frase è formulata
inoltre in un modo equivoco (“Sento
il bisogno di chiedere…”) che mi fa
pensare che Rossanda, come tanti altri
intellettuali comunisti (mi viene in mente
Mario Tronti), non ha perso il suo
egocentrismo di intellettuale, il suo distacco
di spettatrice che si muove ai margini dei
veri conflitti.
di chiedere un ritorno al conflitto di classe”
mi sembra, fra altre che tralascio, partico-
larmente scolastica, perché è inadeguata e
probabilmente anacronistica. I conflitti
in corso e quelli che stanno maturando
hanno un orizzonte più ampio e vanno
oltre i protagonisti dello storico conflitto
di classe. Ma questa frase è formulata
inoltre in un modo equivoco (“Sento
il bisogno di chiedere…”) che mi fa
pensare che Rossanda, come tanti altri
intellettuali comunisti (mi viene in mente
Mario Tronti), non ha perso il suo
egocentrismo di intellettuale, il suo distacco
di spettatrice che si muove ai margini dei
veri conflitti.
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