sabato 19 novembre 2011

Risorgimento italiano - Centocinquantenario dell'Unità - Biblioteche. Una scoperta sorprendente!

  

 

 

 

 

 

 

CAMERA DEI DEPUTATI. Relazione Commissione bilancio, Ministero istruzione pubblica, 1 febbraio 1869. - Discussione sulla relazione, Tornata del 1 febbraio 1869 

 Le cifre di spesa, relative alla pubblica istruzione e alle biblioteche, riportate dall'on. Angelo Messedaglia nella relazione della Commissione Bilancio, di cui era relatore, sono così deprimenti a paragone di Francia, Germania e Inghilterra, che il relatore non può esimersi dal commentarle con amarezza. Il tono di tutta la relazione è lucido, ma accorato e rassegnato, quasi dimesso. Messedaglia (1820-1901), veneto, era un giurista, studioso di Omero, traduttore del poeta americano Longfellow e, cosa quasi inaudita, era un politico schivo che rifiutò di fare il ministro per non abbandonare gli studi. “Osserviamo in via generale che dall'origine del regno in poi il bilancio della pubblica istruzione non presenta nel suo insieme se non variazioni numeriche comparativamente di poco rilievo”. Dal 1861 al 1869 la spesa per tutta la pubblica istruzione era cresciuta solo di 610 mila lire: da 15 milioni e 200 mila ca a 15 milioni e 800 mila ca (ma nel frattempo il regno si era annesso il Veneto). “Per ogni 100 lire che lo Stato spende in totale per ogni titolo, appena 1 lira e 56 centesimi sarebbero destinati al servizio della cultura pubblica”, afferma Messedaglia, che però, da politico fedele al governo, ha già dichiarato: “Se ancora si è lungi da quello che si desidera e che è lecito ripromettersi, non vuolsi d'altra parte negare che le istituzioni e l'opera del regno possono sostenere vantaggiosamente il confronto con quelle delle amministrazioni che lo hanno preceduto”. Le cifre di spesa diventano più drammatiche e l'amarezza di Messedaglia più grande, man mano che si scende nei particolari. “Il bilancio francese con quella spesa di lire 768 mila non provvede che a cinque sole biblioteche […]; il nostro invece con lire 521 mila in tutto deve bastare a 31 biblioteche […]. La sola biblioteca imperiale in Francia importa più che tutte le nostre... Il vero si è che di tutte le nostre biblioteche, non ve ne ha una sola che possa tenersi in corso, non diremo delle principali pubblicazioni letterarie e scientifiche, ma nemmeno di quelle che possono stimarsi ad un tempo le più indispensabili e le più difficilmente accessibili alla comune degli studiosi. Vale a dire che non ve ne ha assolutamente alcuna, che adempia in tale riguardo a quel più ristretto uffizio che è proprio di una pubblica biblioteca”. Messedaglia fa l'esempio della Biblioteca nazionale di Firenze, che ha acquistato maggiore importanza dopo il trasferimento della capitale in Toscana. “Contuttociò la sua dotazione, che era ancora di 21.431 nel 1863, e che sotto il Governo granducale, per le due biblioteche, la Magliabechiana e la Palatina, saliva in complesso a 40/50 e più mila lire l'anno, secondo il bisogno, si trova ora ridotta a 16.306 lire e 53 centesimi [per il materiale]. Detratta ogni altra spesa... sono appena poche centinaia di lire che si possono mettere da banda per acquisto di nuovi libri. Nell'anno 1867 sarebbero state lire 712 e centesimi 67. Uno de' principali periodici inglesi notava che la biblioteca circolante di qualche modesta città di provincia in Inghilterra dispone di tre o quattro volte tanto”. Messedaglia conclude questo capitolo della sua relazione proponendo un aumento complessivo di stanziamento, per le 17 biblioteche statali, di lire 20 mila da sottrarre alle spese per l'istruzione elementare. Inoltre, anche a nome della Commissione, dà alcuni suggerimenti di politica bibliotecaria, il più interessante e attuale dei quali consiste nella divisione del lavoro fra biblioteche e nella loro specializzazione. “Oggi, per le nostre biblioteche, al fatto di una dotazione insufficiente si aggiunge anche quello che comperano tutte presso a poco i medesimi libri, e mancano tutte insieme dei rimanenti”. La discussione sulla relazione Messedaglia, continuata nella tornata del 28 maggio 1869, non aggiunge niente al quadro già delineato dal relatore. I commenti espressi dagli intervenuti sono sentiti e sinceri e appaiono persino drammatici; tuttavia, escludendo in partenza e per principio ogni critica all'azione di governo, finiscono con l'essere anch'essi commenti rassegnati, accademici e retorici. L'on. Floriano Del Zio (1831-1914), professore di filosofia lucano, si esprime con convenzionale solennità: “Le biblioteche pubbliche contengono il corpo delle tradizioni della scienza; formano la cuna da cui prende volo il pensiero, e si rapportano alla coltura morale dei popoli, come un banchetto bene ordinato alla forza fisica dell'uomo... Nessuno di voi, dato che la Camera potesse disporre di vistose somme, negherebbe il suo voto a rendere più florido lo stato di questi grandi stabilimenti del sapere. Ma tanto, o signori, io non chieggo: io conosco pur troppo che siamo incatenati al fato della finanza e che si deve andare a rilento nel domandare al nostro Governo il più piccolo aumento delle spese”. L'on. Del Zio aveva ragione a non aspettarsi niente dal Governo, però aveva torto a sentirsi 'incatenato al fato della finanza'. Il capo del governo era allora Luigi Federico Menabrea (1809-1896), scienziato e generale, che aveva introdotto da pochi mesi la tassa sul macinato e aveva fatto conferire al generale Raffaele Cadorna poteri straordinari per reprimere le rivolte scoppiate contro quella tassa odiosa. Il Governo aveva dunque ben altri problemi che non quello di provvedere ai 'grandi stabilimenti del sapere': doveva risanare, ricorrendo anche a metodi feroci, un bilancio dissanguato dalle guerre d'indipendenza e dalle repressioni nel Meridione. Tuttavia l'on. Del Zio, pur accettando le severe restrizioni di spesa, continua: “Una sola cosa la Camera non mi potrà negare, una sola non disconoscere, e si è la necessità che almeno qui in Firenze, dove si è concentrato il regno, le condizioni del sapere siano costituite in un fatto pari al diritto della scienza, pari alla nuova missione d'Italia”. L'on. Filippo De Boni (1816-1870), giornalista, interviene nella discussione, dicendo che le biblioteche, i musei, i monumenti storici, ecc. “sono i più luminosi titoli della nostra gloria”, e chiede: “Che cosa abbiamo operato a questo proposito dopo il 1860? Il meglio è quando non abbiamo fatto nulla”. L'on. De Boni osa criticare l'azione dei governi, seppure in modo generico (è pur sempre un 'patriota'): “Mentre tutti i bilanci ingrossavano, unicamente il bilancio dei due Ministeri, i quali dovrebbero deporre il germe della prosperità e della scienza, diminuiva... Signori, un popolo non vive solamente di burocrazia e di soldati”. “A tutte [le biblioteche] bisognerebbe porgere aiuto; ma questo non potendosi fare oggidì, soccorriamone due, la Magliabechiana e la Laurenziana... Nel 1865, per il fatto del trasferimento della capitale, dall'essere la prima biblioteca della Toscana, essa [la Magliabechiana] è diventata la prima del regno. Credete voi che per questo vi abbia guadagnato? Quando le due biblioteche [Magliabechiana e Palatina] erano divise [sotto il governo granducale], avevano per il materiale [escluso, quindi, il personale] una dotazione annua di £ 50 mila incirca; ora che sono riunite, la biblioteca nazionale non ha che 16 mila lire pel materiale. Dimodoché, detratte le spese di scaffali, di associazioni obbligatorie, le indispensabili legature, ecc. l'anno trascorso la biblioteca nazionale, la prima del regno, aveva 712 lire da spendere in nuovi libri... E notisi che vi accorrono da 300 studiosi al giorno e vanta visitatori da ogni parte d'Europa”. De Boni propone di assegnare alla Magliabechiana 30 mila lire per il materiale. “Io noterò, e senza amarezza, che abbiamo aggravato il Tesoro di £ 90 mila per i gran comandi, e forse non basteranno. Non troveremo noi 30.000 £ per il nostro decoro, per l'amore agli studi, per la decenza?”. Quanto alla Biblioteca Medìcea-Laurenziana, “... le condizioni di questa biblioteca, dice De Bono, sono tali da far salire il rossore alla fronte di chiunque sia italiano ed amico agli studi... Quanto siamo lunge dall'imitarli [i Medici e i Lorena, che avevano fondato e conservato quella biblioteca] nel bene! Noi lasciamo che l'atrio di Michelangelo diventi latrina pubblica; che parte di quei preziosi codici giacciano per terra malconci e rovinosi...”. Ma il Governo ha riconosciuto ora e provveduto a questi gravi bisogni, aggiungendo, per il 1870, £ 76 alle 382 già stanziate per tutte le spese di materiale. L'on. De Boni conclude implacabilmente: “L'accrescimento delle lire 76 è una derisione non solo, ma una dichiarazione che noi siamo indegni di possedere quei codici, assolutamente indegni; ivi manchiamo all'onore nazionale e alla civiltà”. La discussione non conosce altre impennate, se non una piccola e garbata polemica fra l'on. Del Zio e il relatore Messedaglia. Questi, nella replica, ripete quanto aveva già scritto nella sua relazione, “che per più di trenta biblioteche noi spendiamo appena quello che la Francia spende per la sua grande biblioteca imperiale... Nel 1863 si contavano nel regno d'Italia [complessivamente] 210 biblioteche, le quali disponevano di fondi d'ogni specie per 749 mila lire in tutto, ossia di una somma che equivale a mala pena a quello che spende lo Stato in Francia per sole cinque biblioteche portate sul suo bilancio”. Messedaglia poi, rispondendo a qualche critica, osserva: “Se altri non le credesse bastare [le 20 mila lire di aumento proposte dalla Commissione] non ha che a fare una diversa proposta... Chi volesse fare la proposta di una maggiore somma, converrebbe che avesse anche la franchezza di farla portare per il di più in aumento al bilancio”. L'on. Del Zio riprende la parola: “Ricorda l'on. Messedaglia quale sia stata la professione di fede dell'attuale capo del Gabinetto? Si disse di voler iniziare una nuova vita in Italia. Si cantò su tutti i tuoni, si commise ai venti della terra di annunziare che l'epoca della guerra interna era finita, che la popolazione italiana, stanca d'azione, si augurava una paterna tutela, che il regno dei mezzi morali era giunto, con un decentramento e una libertà sì originali che potevano coesistere col Ministero Menabrea”. Ma l'on. Del Zio dimenticava che la tassa sul macinato era operante già da cinque mesi. ….... 1 novembre 2011 Corriere della Sera, pag. 43, “Salviamo le biblioteche dalla notte della civiltà”, di Paolo Di Stefano. “... L'allarme non è affatto ingiustificato se negli ultimi cinque anni i finanziamenti delle biblioteche statali sono passati da 30 a 17 milioni... Il confronto con i paesi stranieri è deprimente... La sola Bibliothèque Nationale di Parigi gode di un budget di 254 milioni, la British Library di 160 milioni e la Nacional di Madrid di 52 milioni...”. Sono passati 150 anni, ma 'nihil sub sole novi': siamo sempre 'incatenati al fato della finanza'. Ci risparmiassero almeno il trionfalismo e la retorica! (Con la collaborazione di Giuseppe Ferrini)

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