sabato 3 dicembre 2011

In memoria di Lucio Magri (1932-2011).

 

 

 

 

Il suicidio di Lucio Magri mi ha sorpreso molto, come deve aver sorpreso le migliaia di persone che all'inizio degli anni Settanta, in gran parte quasi ancora adolescenti, affollavano il Palazzo dei Congressi di Firenze (e tanti altri luoghi d'Italia) per ascoltare in estasi la sua brillante oratoria. Provo una grande pena per Magri. Il dolore è il sentimento che impressiona di più e suscita più rispetto: tutti possiamo specchiarci e immedesimarci in esso. Il commento più sconcertato e commovente, nella sua desolata immediatezza, mi sembra quello di Luciana Castellina: “Non avrei mai immaginato che finisse così” (Repubblica, 29 nov., p. 18). Sul Manifesto del 30 nov., p. 4 c'è un ricordo di Gianni Ferrara che mi fa capire un importante punto debole di Magri: “Tante volte ha lamentato che la sconfitta della Rivoluzione proletaria rinviava chissà per quanto tempo la nascita dell'uomo nuovo”. Siamo ancora fermi a questa astratta e crudele utopia? Dopo tanti fallimenti storici, Magri, come Trockij negli anni Venti, ancora sognava l'uomo nuovo. Quando si capirà che questo è stato un sogno micidiale e suicida?

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