mercoledì 21 settembre 2011

Eugenio Scalfari, il suo libro 'Scuote l'anima mia Eros' (Einaudi, 2011) e il pantano d'Italia.

 

Ho approfittato di una vacanza a Bari per andare, martedì 20 settembre, ad ascoltare Eugenio Scalfari, che presentava il suo ultimo libro, 'Scuote l'anima mia Eros', al teatro Petruzzelli. Della presentazione di ieri si può dire quello che dicono sempre i presentatori alle vendite all'asta, dove la sera si raccolgono i turisti che passeggiano annoiati sul lungomare delle città di villeggiatura: “Solo la cornice vale il prezzo del quadro!”. Sì, la coreografia del Petruzzelli e l'accoglienza organizzata per il grande giornalista valevano (per me) molto più del libro. Eugenio Scalfari è ormai un personaggio così ufficiale della vita pubblica italiana, che erano presenti, in palchi riservati, persino molte scolaresche di studenti medi. L'intervento di Scalfari è stato preceduto da musiche classiche suonate da un quartetto d'archi, a cui sono seguiti un breve discorsetto del sindaco Michele Emiliano e una introduzione del fedele collaboratore Giovanni Valentini. Avevo già ascoltato, circa un anno prima, Scalfari e Valentini, sempre nelle vesti di introduttore, al teatro Piccinni di Bari per il lancio del libro precedente, “Per l'alto mare aperto”. Ma ieri il bel teatro stracolmo di pubblico, l'ordine perfetto e il decoro assicurati da un gran dispiegamento di hostess e di steward garbati giovani ed efficientissimi, le musiche di Mozart e Beethoven, la presenza del sindaco e di altre autorità hanno costituito per Scalfari una vera apoteosi. Mi è venuto in mente il delirio di folla che Giuseppe Garibaldi, l'eroe dei due mondi, suscitò a Londra, quando la visitò nell'aprile del 1864. Il pubblico molto numeroso del teatro Petruzzelli, anche se mi ha fatto pensare più alla gente anonima e incolore di uno spot pubblicitario che non alla folla energica delle grandi manifestazioni politiche di una volta, significava chiaramente che Eugenio Scalfari rappresenta per gran parte degli italiani una bandiera di libertà e di progresso morale. Tutto l'evento culturale costituito dalla presentazione del libro si è svolto all'insegna di questi valori. Ma il dramma è proprio questo: con una bandiera come Scalfari non andremo lontano. Lui, così soddisfatto di sé, è banale e retorico come una pubblica istituzione, superficiale e cinico nelle scelte decisive. Nelle sue analisi, nelle sue idee e insegnamenti e mòniti e gesti esemplari non c'è niente che possa aiutarci a uscire dal pantano in cui ci troviamo. Dirò di più: il pubblico che lo segue è il classico 'ceto medio riflessivo' che, sotto un vacuo progressismo, segue le mode culturali ed è socialmente egoista. Ammira Scalfari perché gli assomiglia. E' difficile che da un pubblico come questo possa venire una forte riscossa critica. P.S. Chi voglia anche conoscere qualche commento sul libro, legga in Internet l'indulgente stroncatura di Marcello Veneziani.

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