lunedì 2 maggio 2011

Orlando Figes: La danza di Nataša. Storia della cultura russa (XVIII-XX secolo). Einaudi 2004. Parte 4^.

Riguardo alle origini del bolscevismo, bisogna distinguere fra due direzioni di ricerca. Da un lato, i motivi che alimentarono la sua propaganda; dall’altro, le fonti del suo fanatismo, della sua spietatezza e dell'obiettivo megalomane e criminale di “creare un nuovo tipo di essere umano” (p. 380). Sul piano della propaganda, la Rivoluzione russa, vista popolarmente come una guerra contro tutti i privilegi, era debitrice più ai costumi egualitari e alle aspirazioni utopistiche del mondo contadino che non a Marx. Il popolo russo, già da molto tempo prima di Marx, era vissuto nell’idea che l’eccesso di ricchezza fosse immorale, che la proprietà fosse un furto e che il lavoro manuale fosse l’unica autentica fonte di valore. Secondo la mentalità contadina russa, nell’essere poveri c’era virtù cristiana: un fatto che i bolscevichi sfruttarono brillantemente (p. 371). Fu questa aspirazione alla ‘pravda’, alla verità e alla giustizia sociale, a conferire alla rivoluzione il suo alone quasi religioso nella coscienza popolare (p. 372). Nel paese dove l’anarchismo cristiano di Lev Tolstoj e il misticismo delle sètte avevano milioni di seguaci e di simpatizzanti, le rivoluzioni sociali erano come necessitate ad avere una base spirituale, e persino i socialisti più convintamente atei pensavano che fosse utile conferire caratteristiche religiose ai loro obiettivi programmatici (p. 295). “I bolscevichi seppero sfruttare molto abilmente sul piano politico le risonanze religiose del socialismo. Stanislav Strumilin, in un opuscolo del 1917 indirizzato ai poveri delle campagne, paragonava il socialismo all’opera di Cristo e proclamava che esso avrebbe creato ‘sulla terra un regno di fraternità, di uguaglianza e di libertà’. Il culto di Lenin, che scattò nell’agosto 1918, dopo che egli era stato ferito in un attentato, trasmetteva chiari sottintesi religiosi” (p. 295). Ma molto presto il regime mise da parte questo slancio religioso e utopistico per appoggiarsi e sviluppare i peggiori sentimenti di frustrazione, odio e rivalsa del mondo contadino. Subito dopo la presa del potere, i bolscevichi lanciarono una campagna di terrore di massa, incitando operai e contadini a denunciare i loro vicini. La maggior parte degli arresti della Čeka nei primi anni di regime bolscevico era avvenuta su denuncia dei vicini, spesso per motivi di vendetta. In tale clima di terrore di massa nessuno spazio privato restò indenne. La gente viveva sotto costante controllo, sempre nel mirino del comitato di caseggiato e nel continuo timore dell’arresto (p. 372). (continua al post successivo)

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