
Il mondo contadino in disgregazione costituì dunque la base di massa e il braccio armato del bolscevismo, finendo poi, in modo assolutamente grottesco, per esserne la tragica vittima.
Non ho ben chiaro, invece, da dove venissero la spietatezza e la megalomania del comunismo e, se posso usare un ossimoro, il suo fanatico opportunismo. Sì, i principi giacobini e la Rivoluzione francese avevano avuto una grande influenza culturale. Ma a me pare che su eventi drammatici così profondamente contrari alla ragione, al buon senso e alla pietà, abbiano avuto una influenza, almeno altrettanto pressante delle ragioni politiche e culturali, elementi caratteriali, irrazionali, istintivi, patologici. Comunque, in questa ricerca, le citazioni d’obbligo (le fa, forse tra i primi, René Fülöp-Miller in un libro che ho commentato in questo blog) sono il romanzo ‘I demoni’ di Dostoevskij e il Catechismo del rivoluzionario, 1869, variamente attribuito a Bakunin e a Sergej Nečaev (1847-1882). Le regole del Catechismo sono agghiaccianti, ma per i bolscevichi diventeranno, appena qualche decennio dopo, una norma di vita e di azione politica.
“Il rivoluzionario disprezza l’opinione pubblica. Disprezza e detesta la morale vigente nella società. Per lui è morale tutto ciò che contribuisce al trionfo della rivoluzione; immorale e criminale tutto ciò che l’ostacola... Duro verso se stesso, deve essere duro anche verso gli altri. Tutti i sentimenti teneri che rendono effeminati, come i legami di parentela, l’amicizia, l’amore, la gratitudine, lo stesso onore, devono essere soffocati in lui dall’unica fredda passione per la causa rivoluzionaria. Per lui non esiste che un’unica gioia, un’unica consolazione, ricompensa e soddisfazione: il successo della rivoluzione. Giorno e notte deve avere un unico pensiero, un unico scopo: la distruzione spietata... La natura del vero rivoluzionario esclude ogni romanticismo, ogni sensibilità, entusiasmo e infatuazione... La Società [di cospiratori] non si prefigge altro scopo che la liberazione del popolo e la sua felicità, cioè quella di tutti i lavoratori...”. Michael Confino, nel suo libro ‘Il Catechismo del rivoluzionario. Bakunin e l’affare Nečaev’, da cui traggo queste notizie, racconta che i rivoluzionari consideravano accettabili e desiderabili tutti i mezzi che potessero accelerare la marcia verso la rivoluzione: non solo la lotta contro lo Stato tirannico, gli oppressori del popolo e i nemici di classe, ma anche contro le organizzazioni rivoluzionarie rivali, e contro i partiti che, pur combattendo l’autocrazia, rifiutano di sottomettersi alle direttive del ‘vero partito rivoluzionario’. “Infine, e soprattutto, - scrive Michael Confino - tali mezzi, che comprendono la violenza, la menzogna, la mistificazione, il furto (detto ‘espropriazione’), il ricatto e eventualmente l’omicidio, possono (e anzi devono) essere usati contro i membri del ‘vero partito rivoluzionario’, cioè contro gli stessi compagni d’organizzazione e di rivoluzione”. Per assicurare la felicità del popolo, la Rivoluzione doveva divorare anche i suoi figli, come Crono-Saturno. Orlando Figes scrive che Lenin disprezzava (e non leggeva) Dostoevskij e che una volta, notoriamente, liquidò I demoni come 'spazzatura reazionaria' (p.411). Forse gli sembrava che il romanzo, con la sua visione profetica, con largo anticipo avesse messo sotto accusa la sua attività e le sue teorie.
(continua al post successivo)
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