domenica 1 maggio 2011

Orlando Figes: La danza di Nataša. Storia della cultura russa (XVIII-XX secolo). Einaudi 2004. Parte 2^

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Nel 1921 fu fucilato Nikolaj Gumilëv, primo marito di Anna Achmatova. “Gumilëv, scrive Figes a pag. 374, fu il primo grande poeta ad essere giustiziato dai bolscevichi, ma molti altri ne sarebbero presto seguiti. Nel sentimento delle classi colte, questa morte aveva segnato il superamento di un limite: la loro civiltà era finita”. Gli intellettuali, naturalmente, furono i primi a sentire che un mondo intero era scomparso. Anna Achmatova, nelle stanzette che occupava in un palazzo di antica nobiltà di Pietrogrado, sentiva che “i segreti penetrali [di quella casa] rappresentavano la civiltà europea, la cultura universale scomparsa per la quale provava intensa nostalgia”. La poetessa Marina Cvetaeva, esule a Parigi, si sentiva talmente orfana della comunità letteraria fondata da Puškin che trovava affascinante e si legò di stretto amore letterario con il principe Sergej Volkonskij per il forte legame che egli aveva con la tradizione culturale dell’Ottocento (pp. 457-8). “Tra gli emigrati la letteratura diventò il locus patriae... Puskin diventò una sorta di figura di rappresentanza della Russia all’estero... In Puškin c’erano parecchi tratti in cui gli emigrati potevano identificarsi: l’approccio liberal-conservatore alla storia russa; il cauto sostegno alla monarchia come baluardo contro la violenza anarchica della plebaglia rivoluzionaria; l’irriducibile individualismo e la fede nella libertà artistica” (p. 461). “Dopo tutti gli orrori della guerra e della Rivoluzione russa, lo stile poetico intimo e lirico di Achmatova sembrava provenire da un mondo remoto. Appariva vecchio, di un altro secolo... Achmatova fu messa da parte come figura del passato. I critici di sinistra sostenevano che la sua poesia dal registro intimo era incompatibile col nuovo ordine collettivistico” (pp. 371 e 372). Nel 1922 Trockij pubblicò sulla Pravda un attacco contro la poesia di Achmatova e Cvetaeva (‘emigrate interne ed esterne’), marchiata come ‘irrilevante per l’Ottobre’. Era un’avvisaglia del terrore a venire (p. 377). Nikolaj Punin, eminente figura del futurismo, che però, diversamente da molti altri membri del movimento, riconosceva il valore dei poeti del passato, ebbe il coraggio di replicare: “E se l’Achmatova indossasse una giubba di pelle ed esibisse una stella dell’Armata Rossa, allora sarebbe rilevante per l’Ottobre?” (p. 377).
(continua al post successivo)

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