Non conoscevo nemmeno l’esistenza di Orlando Figes, finché i giornali, un paio di anni fa, non raccontarono come egli, sotto falso nome, scrivesse su un sito Internet stroncature di opere storiche altrui, elogiando quelle di... Orlando Figes. Proprio pochi giorni dopo, mi capitò sottomano il suo libro “Sospetto e silenzio. Vite private nella Russia di Stalin” e lo lessi sia per l’interesse che avevo per l’argomento che per la curiosità di conoscere uno studioso così eccentrico e vanitoso. Trovai il libro bello e originale, e le disavventure di cronaca nera dell’autore mi sembrarono poco più di un gioco capriccioso. Anche la sua monumentale storia della rivoluzione russa, La tragedia di un popolo, mi convinse che Figes è uno storico di alto livello: documentato e acuto, capace di dominare un campo molto vasto e di raccontare con sensibilità e chiarezza. Questa ‘Danza di Nataša’, pur essendo un’opera molto interessante, mi sembra, proprio perché troppo ricca, meno avvincente delle altre. E’ un’opera così enciclopedica che, quando tratta argomenti come la musica, il cinema o altre forme artistiche a me poco note, anche a causa della sua inevitabile concisione, assume un poco la pesantezza di un manuale scolastico. Tra le tante suggestioni e indicazioni che il libro offre, ce ne sono alcune sviluppate con maggiore continuità e ampiezza. Dove affonda la Russia le proprie radici: in Occidente o in Oriente? Quali sono il ruolo e il valore del popolo contadino: deve essere lui a guidare lo sviluppo del paese o deve essere guidato? E gli artisti, gli scrittori, gli intellettuali, quale contributo debbono dare all’emancipazione del popolo e al progresso sociale? E da dove viene la Russia bolscevica? Anche se con la cautela di chi è consapevole di essere appena un dilettante, io mi rappresento la Russia bolscevica come la negazione fanatica e il rovesciamento crudele della Russia precedente. (continua al post successivo)
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