Il vecchio sindaco Orazio Barbieri, in una pubblicazione ufficiale (‘Scandicci’, del 1970), riconobbe che “l’epoca del boom edilizio è stata vissuta da Scandicci in tutta la sua sconvolgente drammaticità”. E a pag. 79 della stessa pubblicazione è scritto: “Nei decenni scorsi la pianura di Scandicci era come un grande orto, contornato da dolci oliveti e vigneti collinari. Le nuove costruzioni hanno creato grandi rioni urbanizzati ove il verde è in verità scarso”.
Che il boom edilizio a Scandicci abbia avuto, nel giro di un decennio scarso, un impatto drammatico, i pochi studiosi che se ne sono occupati lo riconoscono apertamente, anche se poi giustificano tutte le scelte fatte dalle varie giunte comunali.
Leonardo Cipriani scrive a pag. 6 della sua tesi di laurea su Scandicci (2002-2003): “La trasformazione di Scandicci da borgo rurale a centro urbano avviene in modo atipico rispetto al trend nazionale. L’indicatore più impressionante è quello demografico, ma come si vedrà il processo di mutamento profondo avviene anche parallelamente e sinergicamente a livello economico, sociale e territoriale”.
Insomma: non si salva niente.
Ma ascoltiamo ancora le cifre impressionanti del giovane laureato.
“Mentre nel decennio 1951-1961 la popolazione aumenta del 21,04%, dal 1961 al 1967 la popolazione di Scandicci cresce del 209,64%”.
Il doppio di Firenze!
I 18.321 abitanti del 1961 diventeranno nel 1975, dopo 14 anni, 52.836. Quasi il triplo!
Da oltre 25 anni, un tempo quasi immemorabile, noi abitanti del luogo siamo perseguitati da questo ritornello “Non più dormitorio: Scandicci diventa una città!”.
Che altro si vuole fare? si chiedevano gli anonimi tranquilli cittadini a stipendio fisso (che erano e sono la stragrande maggioranza). Non bastavano i danni già fatti?
Questi amministratori considerano la città come se fosse fatta di mattoncini Lego, da aumentare di numero fino a saturazione di ogni spazio, e da combinare fra loro a piacimento.
Il vecchio sindaco Orazio Barbieri, del quale ho letto con rispetto il libro sulla sua esperienza partigiana ‘Ponti sull’Arno, nella pubblicazione del 1970 citata sopra, scriveva che era stata “la presa di coscienza degli amministratori” che aveva evitato la “totale distruzione delle bellezze naturali e locali” di Scandicci.
E io credo davvero che Orazio Barbieri, nei suoi dieci anni di governo, abbia un po’ limitato gli effetti della Nakba.
Lo conferma anche Leonardo Cipriani a pag. 69 della sua tesi di laurea: “Barbieri viene scelto [per fare il sindaco di Scandicci], anche se non propriamente giovane (ha 55 anni) perché ha le competenze, l’autorevolezza e l’esperienza per contenere, in termini di sviluppo sostenibile, questa tumultuosa trasformazione”.
Se Scandicci è ancora una cittadina abbastanza decente, benché sia priva di forma e di decoro (ma la decenza, in un paese disastrato come l’Italia, è una virtù), probabilmente lo si deve ad Orazio Barbieri e anche al fatto (un po’ più importante) che, dopo che le industrie del Nord e le pubbliche amministrazioni di tutto il paese avevano spopolato il Meridione, si era molto ridotto il flusso di immigrati.
Ma quod non fecerunt barbari [et Barbieri], fecerunt Barberini. Dopo il sindaco partigiano, sono venute le Mile Pieralli, i Giovanni Doddoli, i Simone Gheri.
(continua al post successivo)
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